Sei anni fa – lo testimonia questo post che qui ribloggo – iniziava una conoscenza che presto sfociò in amore, quella tra me e il riso Venere. Non lo mangio spesso – ci vogliono tre quarti d’ora, se non di più, per cuocerlo bene – ma ogni volta è una festa. Con la bieta – le coste – è amore da sempre. Ma anche le coste non le mangio troppo spesso: a dieci metri dalla nostra cucina è cresciuta una vera e propria «bietolaia» ma è bieta di tipo selvatico, quella con le coste lunghe e snelle, fantastica anch’essa. E dunque, tra una comprata al supermercato e una raccolta qui, la scelta è quasi scontata, no?
Rispetto alla «ricetta» che riporto nel post, nel corso degli anni ho scoperto una cosa fondamentale: che se agli ingredienti citati ci aggiungi un po’ di semi di finocchio – o quand’è stagione un po’ di finocchietto selvatico – il tutto acquista un valore aggiunto che fa decollare questo piatto verso l’empireo dei sapori perfetti. E dunque viva il riso Venere e viva la bieta. E viva il loro incontro.
Un’altra piccola ricetta. Più che altro un’idea per un possibile piatto unico (o quasi) vegetariano. Recentemente mi sono imbattuto in quei risi alternativi che si trovano in negozi come Natura Sì, quello che si trova sulla tangenziale poco prima dell’uscita per l’Acqua Acetosa (per tanto tempo da piccolo, ma nemmeno tanto, ho pensato che fosse l’acqua “cetosa”, e mi chiedevo come diavolo fosse quest’acqua…). Dove trovi tante cose sane e ovviamente un po’ care (ma la salute mica te la regalano…).
Tra questi risi quello che più mi ha colpito è il riso Venere, un riso nero che viene dalla Cina (dicono fosse prerogativa esclusiva dell’imperatore…?) e che adesso coltivano anche in Italia (ma quello cinese mi sembra meglio, più profumato di suo: quando lo lessi, un olezzo si spande per tutta casa). L’altra sera l’abbiamo mangiato (cotto per i suoi 45 minuti d’ordinanza) assieme a delle coste di…
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