Oggi, Sant’Eugenio, onomastico di mio padre, ripubblico questo ricordo di un anno e mezzo fa. E ne richiamo un altro, in cui avevo utilizzato una foto di lui e del sottoscritto il giorno del mio matrimonio, una foto che amo molto. Sono passati dodici anni – saranno tredici tra un mese e mezzo circa –, da quando papà ci ha lasciato, da quando il cuore gli si è spento all’improvviso, dopo una passeggiata, mentre era seduto al tavolo di cucina. Nelle fattezze del mio volto spesso rivedo le sue e sono contento di assomigliargli, almeno nei lineamenti. Anche del suo carattere, a dire il vero, trovo qualcosa in me, e non sono solo le cose belle di cui parlo in questo post. Ma tant’è, non è che se ti regalano un mazzo di fiori puoi scegliere i più belli e buttare via gli altri…
Le acque del Rio Travignolo
Stasera, scendendo dal Passo Valles – uno dei passi dolomitici meno frequentati e che proprio per questo hanno un loro fascino particolare –, abbiamo costeggiato a lungo il Rio Travignolo, il torrente che a casa mia è stato da sempre – da quando ho memoria – il simbolo, la quintessenza del torrente alpino: acque chiare e trasparenti, che scorrono rimbalzando sui sassi, tra boschi di conifere alti verso il cielo.
Sulle rive del Travignolo, tanti anni fa – sicuramente più di cinquanta, forse anche sessanta – mio padre ci dette una di quelle lezioni che si danno solo con l’esempio, e che per questo durano infinitamente più di quelle date con le parole. Accanto alle acque che scorrevano incessanti trovammo – più o meno all’altezza di dove parte la strada per la Malga Venegia – una croce di legno, la tomba senza nome…
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