L’altro giorno, finalmente, ho visto per la prima volta l’altra faccia della pala d’altare della chiesa di S. Giovanni a Poggio Mirteto. Durante un’interessante visita guidata, un membro della Confraternita della Misericordia che ha in carico la chiesa ha effettuato l’operazione di rovesciamento della pala d’altare svelandone il lato “oscuro”. Normalmente chi entra nella chiesa vede infatti rappresentata la nascita di S. Giovanni Battista; sull’altro lato invece è dipinta la Decapitazione del santo. La tela in effetti nasce come stendardo processionale per accompagnare i condannati a morte al patibolo e la doppia faccia, la vita e la morte, acquista in questo contesto un senso ben preciso.

La nascita di S. Giovanni, di Plautilla Bricci

S’inizia il rovesciamento

Continua il rovesciamento

Ecco l’altra faccia dello stendardo

Ecco la Morte di S. Giovanni battista, sempre di Plautilla Bricci
L’opera è di una pittrice seicentesca, Plautilla Bricci, che ha mano sicura e grandi doti tecniche, riuscendo a rendere bene sia i toni affettuosi e delicati della nascita, sia quelli drammatici e “scuri” della morte. Figlia e sorella d’arte, Plautilla fu Accademica di S. Luca e all’attività di pittrice accompagnò con successo anche quella di “architettrice”, così si definiva, quasi da femminista ante litteram. Come architettrice l’opera sua più notevole, la Villa Benedetta fuori porta S. Pancrazio, quella che a Roma s’è sempre chiamata il Vascello, è andata distrutta dalle cannonate delle truppe francesi durante l’ultimo atto della Repubblica Romana nel 1849: Garibaldi vi si acquartierò per dirigere la difesa della città, il bombardamento delle batterie del generale Oudinot la rase praticamente al suolo.

Il Vascello dopo il 4 luglio 1849
La villa del Vascello era a suo modo un unicum: voluta poco dopo la metà del XVII secolo dall’abate Elpidio Benedetti, plenipotenziario del cardinale Mazzarino, e dunque della corona di Francia, a Roma, è una costruzione assai particolare: per la forma di nave, appunto; per l’orientamento (la prua del vascello punta verso S. Pietro, e non per caso); per la complessa simbologia che contiene, dalle pitture (della stessa Bricci e di tanti altri artisti, tra i quali anche Pietro da Cortona) alle tantissime iscrizioni che adornavano ogni sala (e di cui parla diffusamente un libro scritto probabilmente dallo stesso Benedetti sotto lo pseudonimo di Matteo Mayer: scannerizzato da Google Books si può trovare e scaricare a questo indirizzo web); per il Giardino delle delizie (che aveva fama di essere luogo fatato, almeno a stare a Secretum, il secondo romanzo di Monaldi & Sorti sulle avventure dell’abate Atto Melani, in cui molte vicende sono ambientate proprio nella villa e nel giardino). Ma Plautilla non lavorò da sola al palazzo. Mayer/Benedetti nel suo libro dice che l’architetto in realtà fu il fratello Basilio, «assistito dal ben fondato e regolare giuditio della sorella Signora Plautilla, celebre pittrice, che è anche concorso col suo pennello ad illustrare questa casa». Ma l’attribuzione è un po’ farlocca e di facciata: nel contratto del 1663 con cui si dà inizio ai lavori, Plautilla è citata come direttore dei lavori e autrice dei disegni progettuali. Vero è invece che ci fu un evoluzione, anzi quasi un radicale cambiamento tra il primo progetto e un secondo progetto, quello esecutivo: tra i due ci sono tante e tali differenze da fare ipotizzare (la tesi l’ho trovata su un bel saggio di Carla Benocci sulla villa, un estratto del quale si può anch’esso scaricare dalla rete sul sito del Grande Oriente d’Italia, oggi proprietario della villa) fare ipotizzare, dicevo, un incontro e dei suggerimenti da parte di Gian Lorenzo Bernini, che aveva stretti contatti con Benedetti e che del resto per il re di Francia aveva progettato una ristrutturazione del palazzo del Louvre. L’idea della finta roccia nel basamento di poppa (vedi qui sotto) è infatti tipicamente berniniana.

Ecco come doveva apparire la Poppa del vascello, quella che dava sulla strada di S. Pancrazio
L’incontro con Bernini fu probabilmente illuminante per Plautilla – osserva la Benocci – anche per l’altra sua grande opera da “architettrice”, praticamente contemporanea e procurata anch’essa da Benedetti, che per fortuna s’è conservata fino a noi, la Cappella di S. Luigi nella chiesa S. Luigi dei Francesi. Scrive Benocci: «Oltre alle vivaci cromie dei preziosi materiali, l’elemento straordinario che caratterizza la cappella è l’uso della luce, che illumina la pala d’altare con l’immagine di S. Luigi non solo dall’alto del cupolino ma anche da dietro l’altare stesso, dove la parete è aperta in ampie finestre vetrate, chiuse successivamente ed ora in gran parte ripristinate. Questa originale illuminazione attribuisce forti connotazioni simboliche alla cappella, sospesa tra terra e cielo, e pur nella sintassi classicistica dell’insieme e del carattere spirituale e formale della pala rielabora la lezione di un maestro della luce, lo stesso Bernini, che ne trae straordinarie soluzioni proprio per cappelle ed altari. Quindi Plautilla riceve nella villa romana la possibilità di realizzare la fabbrica da lei progettata con le geniali innovazioni berniniane, facendone tesoro nei successivi incarichi ricevuti».