Con un titolo così, lo so, si creano aspettative. Ecché, tuo zio era il papà di Einstein, potrebbe dirmi qualcuno? Ecché, potrei rispondere io, “genio” deve essere per forza uguale a “Einstein”? Non so come vada (come andasse: i giorni della scuola sono ormai lontani) mio cugino in matematica e fisica, ma l’asserzione scritta in cima a questo pezzo, là dove il carattere si fa neretto, è più che valida anche senza fare ricorso a paragoni esagerati.
Diciamola tutta: i miei zii qualche sentore dovrebbero averlo avuto già dal giorno della sua nascita, quel 29 febbraio che capita solo ogni quattro anni, che quel bimbo biondo nato a Bologna non era del tutto come gli altri. E la sua singolarità mio cugino Marco l’ha ribadita molte volte nel corso della sua vita (chi fosse interessato a particolari biografici “tutti veri e tutti falsi” può trovarli nel suo originale romanzo “epistolare” con Natalia Aspesi, La posta del cuore, pubblicato da Mondadori qualche anno fa, di cui ho già parlato in questo blog, qui e qui). Ma la molla di questa mia affermazione apodittica non è nella sua vicenda biografica dell’altroieri o di ier l’altro, quanto in un’attività che Marco s’è inventato poco tempo fa e che prosegue tuttora. Detta in parole povere, mio cugino costruisce lampadari. Singolari lampadari. Riciclando e riassemblando. Realizzando pezzi unici come questo, appoggiato sul tavolo del suo salotto (tra vassoi, specchiere, quadri e teste di cervo)
Se non sbaglio è il sesto della serie. Gli altri cinque li potete vedere qui sotto, in rapida successione. Io personalmente – fatto salvo che non amo i punti luce centrali e privilegio le abbaggiù – quello che preferisco, data la mia innata sobrietà, è questo qui
con gli scolapasta di Ikea e cucchiai e forchette di varie fogge e servizi. Ma anche il precedente esemplare con tazze e teiere, quello qui sotto, non era affatto male…
Un capitolo a parte sono gli altri tre, che vi propongo senza soluzione di continuità
dove l’utilizzo di bottiglie e tappini di plastica (e non solo) riciclati, tagliati e riportati a nuova vita raggiunge vertici secondo me assolutamente geniali (mo’ lo capite il perché del titolo?) sia nelle due versioni ultrakolor, sia in quella quasi totalblack (con macchie rosse).
Un recente post su Facebook della di lui signora (anche lei un soggettino niente male quanto a creatività, come dimostrano le immagini e i testi dei suoi post) che ritraeva l’ultimo nato ha riscosso grande successo tra amici e parenti, in quel di Bologna ma non solo. Io umilmente provo qui ad allargare il mercato ai miei venticinque lettori (e magari ai lettori dei miei lettori, chissà…).
P.S. Se qualcuno dopo aver letto quest’ultima frase si domandasse il perché abbia usato la parola “mercato”, beh, sì: questi pezzi più unici che rari (Venghino, Siori, Venghino…) potrebbero-anche-essere-in-vendita.
Astengansi perditempo, che l’Asta cominci…