
Beh, che je voi di’ a Roma mia? Sotto quella cupola in alto a destra, quella che c’ha davanti du’ campaniletti, la cupola della Trinità dei Pellegrini, c’ho vissuto quattordici anni, giorno più giorno meno. Oddio, il posto era cambiato, e non poco, da quello ritratto dalla carta di Giovan Battista Falda. Trecento anni dopo, infatti, accanto alla chiesa c’era (e c’è ancora) un bel (si fa per dire) palazzo anni cinquanta, mio coetaneo, dove papà ebbe la gentilezza di comprarmi casa. Sessanta e rotti metri quadri che fino a che sono stato scapolo erano perfetti.
La casa non era niente di che – io chiamavo il palazzo “il Tiburtino Terzo del centro” – ma quando uscivi, tre minuti e stavi a Piazza Farnese o a Campo di Fiore (per dirla con il Falda…). Oggi quando torno da quelle parti faccio fatica a riconoscere la Roma dei miei trent’anni. E non è solo perché mi avvicino ai settanta. Un po’ mi spiace dirlo, ma non tornerei indietro.