Bologna e la memoria dell’acqua

Un paio di settimane fa sono stato a Bologna per il compleanno di mia cugina Alessandra e per rivedere più cugini possibile (sono stato fortunato: li ho incontrati tutti). Ed è stata l’occasione per camminare molto per le strade della città in cui sono nato e fare finalmente, dopo 68 anni, il turista – a Bologna non sono mai rimasto molto tempo e ho sempre fatto il nipote e/o il cugino…

Ho visto (a volte rivisto) cose bellissime. Mi è piaciuto tanto l’MSB, il Museo della Storia di Bologna. Davvero ben fatto, ti porta per mano in più di due millenni di storia, dagli etruschi a oggi, con schede e pannelli esplicativi assai ben concepiti e realizzati. Che storia, quella dei miei concittadini, che gente, che carattere… Sono uscito fiero di essere nato qui (anche se poi nel mio cuore non posso fare a meno di sentirmi romano da 9 generazioni, seppure non sia nato a Roma…).

Nel bookshop del museo, prima di uscire, ho preso qualche libro. Tra questi, uno che mi sono divorato una volta tornato a casa, che mi è piaciuto moltissimo e mi ha dato anche di più. S’intitola La memoria dell’acqua nella pianura bolognese, è edito da Pendragon,

l’ha scritto Maurizio Garuti e racconta una storia che pochi in fondo, fuori da Bologna e dall’Emilia, conoscono. L’importanza, la pervasività, il peso dell’acqua nelle vicende di questi luoghi, da sempre terra di bonifiche, fin dall’epoca dei romani e anche prima, una terra attraversata da una miriade di canali (vedi l’immagine qui sotto) proprio per sopravvivere alle acque (e ben utilizzarle) che scendono dall’Appennino: 1.600 chilometri di canali per un territorio largo a malapena 40.

Fiumi e canali intorno a Bologna (da La memoria dell’acqua)

Con una bella lingua Garuti racconta le sue tante storie. Come quella del canale che i Bolognesi costruirono nel 1191 portando le acque del Reno in città (ancora adesso c’è via Riva di Reno e il canale affiora qui e là) e poi allungando il canale fino a Malalbergo.

Il Navile a Malalbergo agli inizi del Novecento

O quella della lavorazione della canapa nei “maceri”, tradizione andata avanti immutata nei secoli, come testimonia il raffronto tra una tela seicentesca del Guercino e una foto di primo Novecento.

Canapa: in tre secoli nulla cambia

O ancora l’epopea delle mondine, con il loro lavoro e i loro canti, dalla fine dell’Ottocento, quando si afferma anche qui la risicoltura.

Mondine al lavoro sotto l’occhio del caporale

O la storia epica della Bonifica Renana, agli inizi del Novecento, e del suo autore, l’ingegner Piero Pasini (al quale pare non sia mai stata dedicata nemmeno una targa) che risolse il problema dell’imbuto di canali (per di più su livelli assai diversi) che c’era vicino Molinella, debellando la malaria e dando alla pianura di Bologna l’aspetto che ha ancora oggi.

Un macero nella campagna di oggi

P.S. Personalmente devo a questo libro la scoperta di un’etimologia che mi ha affascinato. Quella della parola “rivale”, che è proprio chi sta sull’altra riva e si contende l’uso dell’acqua. Non ci avevo mai pensato: è stato un lampo che mi ha illuminato sulla ricchezza e sulla creatività della nostra lingua. Fosse solo per questo, non ringrazierò mai abbastanza Maurizio Garuti per questo bel libro.

2 pensieri su “Bologna e la memoria dell’acqua

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