Ricordo chiama ricordo. Badura-Skoda chiama Fischer Dieskau. Un altro concerto indimenticabile, quella Winterreise alla Scala. Volevo scriverne ma mi sono ricordato che quel ricordo già me l’ero ricordato qualche anno fa, quando morì Sawallisch, l’altro protagonista del concerto. E allora ripubblico quel post. (Se l’avessi riscritto avrei parlato più di Dietrich Fischer-Dieskau, uno dei miei idoli di sempre. Ma va bene anche così…)
Leggo oggi della scomparsa di Wolfgang Sawallisch, direttore d’orchestra e pianista, che ho visto e sentito più volte nella mia vita. Sawallisch era un appuntamento fisso a Santa Cecilia ed era molto amato dal pubblico. Io non sono un esperto: ho solo sentito molta musica nella mia vita e accompagnato per anni mio padre il lunedì sera a Via della Conciliazione, con il secondo biglietto dell’abbonamento, rimasto orfano, anche lui, dopo la morte di mia madre; ma Sawallisch mi è sempre piaciuto molto per l’aspetto che molti amici musicofili gli riproveravano: la mancanza di quel tocco interpretativo in più, quel porsi come tramite tra l’autore e l’ascoltatore cercando quasi di annullarsi nella musica. Se penso a Pretre, penso al Debussy di Pretre, se penso a Kleiber, penso alla Settima (di Beethoven) di Kleiber. Se penso a Sawallisch che suona Beethoven, penso a Beethoven. E questo per me…
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