L’altro ieri ero andato in avanscoperta. Oggi ho fatto il secondo passo. Se tutto va bene, venerdì mi toglierò un’altra piccola (ma non troppo) soddisfazione. Ché a 65 anni suonati ho cominciato a capire come funzionano le cose (meglio tardi che mai, commenta sarcastico l’alter ego, quello che vola alto, desidera altissimo e conclude poco). E già, perché il segreto è tutto lì. Per realizzarli, i desideri, bisogna che siano realizzabili. Se no, come si dice a Roma, è un cazzo e tutt’uno. Se no, in altre parole, l’unico effetto dei desideri è quello di indurre frustrazione.
Tutta questa pippa per introdurre il fatto che oggi sono tornato a Farfa passando come l’altro ieri per la valle del Riana, ma con due varianti: la prima è che sono partito da casa, la seconda che, giunto al ponticello non ho continuato per i campi fino alla chiesa di Santa Brigida, ma ho attraversato il torrentello e sono salito all’abbazia per una carrareccia che prima sale con un tornante sfiorando un casale rosa abbandonato, poi diventa un sentiero e passa sotto la Badiola,

Dal sentiero, sotto la Badiola, si vede bene, in basso, la chiesetta di Santa Brigida
la nostra pizzeria del cuore, e poi ancora diventa una traccia di sentiero seguendo la quale si passa accanto all’orto delle Brigidine e sotto l’abbazia, e poi, con un’ultima appettata, si sbuca nel parcheggio privato sotto la piazza-belvedere dedicata all’abate Ildefonso Schuster, il rifondatore dell’abbazia nel XX secolo.
Arrivato lì, ho girellato un po’ nel borgo, ho preso un caffè e ho fatto una visita alla chiesa, scattando qualche foto. Dopodiché sono tornato a casa passando per la strada

Il giudizio finale di scuola fiamminga del XVI secolo, nella chiesa di S. Maria di Farfa
della centrale. Totale, nove chilometri e mezzo in due ore e tre quarti circa (comprese le pause), con un po’ meno di 300 metri di dislivello. E un rientro tranquillo a casa, con il tendine (d’Achille e mio) che stava proprio bene e sembrava quasi sano.
E adesso, venerdì, se il tempo regge e – soprattutto – se mi sento in forma, proverò a risalire sul monte Acuziano partendo da casa, come ho fatto un anno fa, ma arrivandoci passando per Farfa (rifacendo la strada di oggi) e poi scendendo da Pomonte, Torre Baccelli e il sentiero della costa di fronte a casa. Il dislivello sarà di un trecento metri circa in più, il tempo necessario almeno quattro ore – quattro ore e mezza, ma, se il tallone tra oggi e domani non dà problemi, il tutto mi sembra fattibile. Stancante ma fattibile. E se il desiderio è realizzabile, perché non realizzarlo?
P.S. Solo adesso, alla fine del post, mi sono accorto che il titolo che gli ho dato è identico a quello di una gran bella canzone del mio amico Gianni, da quello splendido album del 1988 che s’intitolava Bersaglio mobile. Bella coincidenza.