Non ho ancora un giudizio preciso su Eccomi, l’ultimo romanzo di Jonathan Safran Foer (e forse non l’avrò nemmeno quando finirò le sue oltre seicentocinquanta pagine). Non so se davvero è, per me, quel grande romanzo di cui molti parlano. Certo è che al suo interno abbondano – e sono quasi troppe – le battute intelligenti, i paradossi, le esibizioni di bravura e di stile. Ma ci sono pagine che commuovono e frasi che ti inchiodano e ti fanno pensare. Come quella che segue (a pagina 490).
“Non è una debolezza ammettere la complessità. Non è una ritirata fare un passo indietro. Non aveva torto a invidiare quegli uomini che gemevano sui loro tappetini da preghiera alla Cupola della Roccia, ma magari aveva torto a vedere riflesso nella loro devozione il proprio pallore esistenziale. L’agnosticismo non è meno devoto del fondamentalismo, e forse aveva distrutto quello che amava per la sua incapacità di vedere la perfezione dell’abbastanza”.