La luce della sera all’Aventino

Sabato sera, nella Basilica di Santa Sabina a Roma, bella esecuzione della Passione secondo Giovanni di Johann Sebastian Bach. Un buon ensemble tedesco, un bel coro di voci bianche (e no) di Stoccarda, solisti all’altezza, un direttore bravo e un attore come Klaus Maria Brandauer a recitare poesie e brani vari legati alla Passione, ovviamente in tedesco (questa l’unica “nota” stonata per chi non parla e nemmeno capisce l’idioma: in fondo Bach basta a se stesso da oltre 250 anni…). Nel complesso, comunque, un gran bel “regalo” ai romani (ma i presenti sembravano in maggioranza di lingua germanica) in occasione del 500 anniversario della nascita della chiesa luterana.

Roma ci ha messo quella incredibile sua luce della sera in  primavera, che all’Aventino raggiunge il suo massimo. Già dentro la chiesa era uno spettacolo come il calare del sole si riflettesse attraverso le finestre d’alabastro e di selenite sulle pareti dell’abside.

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Ma poi, all’uscita, nel Giardino degli Aranci il miracolo di una luce davvero color arancio: sembrava di stare su un set illuminato della mano magica di Vittorio Storaro; potevi pensare che da un momento all’altro qualche divo americano sarebbe entrato in scena. Ma non c’erano cineprese, né riflettori. C’era solo la folla variopinta e vociante di un sabato di primavera. E tanti, come me, con gli occhi spalancati davanti alla meraviglia di quella luce alle sette e mezza della sera, con il sole ormai quasi del tutto dietro il Gianicolo.

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