Ho visto in zona Cesarini la mostra di Edward Hopper al Vittoriano (chiude domenica 12…). Interessante e ricca soprattutto di opere giovanili. Avrebbero potuto chiamarla Hopper prima di Hopper e non sarebbe stato sbagliato. Nella prima parte c’è infatti tutta la formazione di un artista che andò a “risciacquare i pennelli” nella Senna e da lì approfondì il bagaglio che poi sviluppò nella sua pittura anni più tardi, dal primo dopoguerra all’epoca della Grande depressione fino alla morte, nel 1967.
Solo nelle ultime sale (e soprattutto nell’ultima) ci sono opere che sono indiscutibilmente hopperiane. Prima, tra le cose più interessanti, ci sono a mio avviso dei disegni (a volte poco più che schizzi) e delle acqueforti in bianco e nero che testimoniano soprattutto l’influenza che ebbe da (e su) il cinema e fanno presagire tematiche poi sviluppate negli anni successivi. Come questa acquaforte del 1921, Ombre nella notte, ad esempio, con l’inquadratura dall’alto, quasi ripresa da un dolly. Con la luce che disegna lo spazio del marciapiede e allunga l’ombra
dell’uomo e del palo che divide la strada (e il quadro) in due, mentre un senso di pericolo aleggia sull’immagine. Lo spazio illuminato è piccolo, l’uomo presto entrerà nel buio e chissà che cosa succederà…
Sempre dall’alto è anche questa puntasecca, di qualche anno dopo. Si chiama La balconata ed è del 1929. Due donne in galleria, a teatro o al cinema. Sole, in attesa dello
spettacolo o durante l’intervallo. Un bello studio anche qui di luci e ombre, con l’occhio che viene trascinato irrimediabilmente verso il basso, dove però le balaustre fermano lo sguardo e lasciano spazio solo all’immaginazione.
Non è sola invece la donna di questo disegno, sempre in bianco e nero, come le pellicole
noir dell’epoca. È uno studio del 1940 per Ufficio di notte, un famoso dipinto dello stesso anno conservato a Minneapolis (che riproduco qui accanto ma che non era in mostra). Il quadro definitivo alza un po’ il punto di vista e allontana i personaggi: lui sembra parlarle ma non guarda la segretaria, intento com’è a leggere il foglio che ha davanti. Nello studio c’è più interazione tra i due personaggi. Lui non la guarda ma le posture dei due corpi interagiscono maggiormente, in un ufficio umanizzato dal quadro sopra di lui. Racconta Jo, la moglie di Hopper che posava per lui: “Ha disegnato il nuovo dipinto a carboncino. La preparazione pare non finire mai, aveva già due schizzi a matita molto rifiniti. Sembra voler ritardare il momento di iniziare la tela. Si tratta di un ufficio con un uomo più anziano alla scrivania e una segretaria che cerca qualcosa in uno schedario. Stasera devo posare con una gonna stretta e corta. Meno male che ho belle gambe e calze alla moda”. E ancora: “Office at night dà forma visiva alla tensione psichica ed etica tra una donna sensuale e un uomo che sembra ignorarla. L’osservatore, messo da”artista nella posizione del voyeur, contempla questo intrigo notturno senza che i protagonisti ne siano consapevoli”.
P.S. Avevo trovato tempo fa su You Tube un bel documentario su Hopper, con spezzoni di sue interviste: un bel vecchio che sorrideva raramente… Lo trovate a questo link.