Ricordo chiama ricordo. Dopo l’ascensione sulla Colonna Traiana, ecco un’altra “avventura” con Alberto F., il mio compagno di liceo che non si fermava davanti a nulla per aggiungere un’altra perla alla collana delle sue visite. Quella che vi racconto adesso è al limite dell’incredibile, ma è successa davvero ed è andata proprio così.
Un pomeriggio inoltrato di maggio-giugno, passando per Corso Vittorio, ci fermiamo davanti all’ingresso di Palazzo Massimo alle Colonne. Portone aperto, nessuno in vista, Alberto dice “Entriamo, dai, diamo un’occhiata al primo cortile“. Io, titubante, lo seguo. Bella, la prima corte: la fontana, il muschio, la scala che portava al primo piano. “Dai, andiamo a vedere anche il secondo cortile” fa Alberto. Io, se possibile, titubo ancora di più, ma lo seguo, sempre con la strizza che arrivi qualcuno e ci cacci a male parole. Diamo un’occhiata al secondo cortile, torniamo nel primo e mi accorgo con orrore che Alberto inizia a salire le scale. “Che fai – urlo sottovoce – non esageriamo, andiamo via, dai”. Imperterrito sale fino alla porta e suona (o forse bussa, non ricordo). Si apre la porta, è il principe Massimo che ci guarda un po’ stupito. Alberto con la massima faccia di bronzo attacca: “Principe buona sera, ci scusi il disturbo, siamo due studiosi (avevamo sì e no diciassette anni…, ndr), vorremmo chiederle se ci fa la cortesia di lasciarci vedere gli affreschi di Daniele da Volterra“. Ci guarda più stupefatto che arrabbiato. “Ma questa è una casa privata…” prova a dire. “Sì, ci scusi ancora – risponde sempre più imperterrito Alberto – ma sappiamo che a quest’ora c’è la luce migliore per vedere gli affreschi.”. Io lo guardo attonito, il principe allarga le braccia e ci fa entrare. “Quando avete finito, chiudetevi la porta alle spalle” dice sorridendo. “Naturalmente lei sa la strada” dice ad Alberto. E lui, senza battere ciglio, “naturalmente” risponde. Entriamo, per un buon quarto d’ora guardiamo il ciclo di storie su Fabio Massimo, affrescato dall’allievo di Michelangelo, che fascia tutta la stanza sotto il soffitto. Alberto mi fa notare dei particolari e mi racconta un po’ la storia degli affreschi. Alla fine buttiamo un occhio nella stanza accanto, per fortuna Alberto si trattiene dall’entrarvi (ma gli costa, lo vedo…), torniamo nell’ingresso, usciamo, scendiamo le scale e siamo di nuovo nel traffico di Corso Vittorio.