
Io e S. Silvestro
Incredibile inverno senza pioggia. Ieri verso mezzogiorno, sulla cima del Soratte, con alle spalle la chiesa di S. Silvestro, riparati dal vento che dall’altra parte della chiesa turbinava rumoroso, ci si poteva “cuocere” al sole quasi fossimo in un giorno di primavera (per pudore non scrivo “d’estate”).
Eravamo arrivati, Sergio, Gianfri e il sottoscritto (baldi sessantenni che non si sentono tali: a volte ce ne sentiamo trenta, di anni, altre volte tre volte tanti) salendo per la via degli eremi: prima quello di Santa Lucia, sul primo cucuzzolo del monte; poi quello di S. Antonio, rudere panoramicissimo a strapiombo sul nulla, poi l’ex Oratorio di S. Maria delle Grazie e infine, sulla spianata sommitale, a ben 693 metri d’altezza, la chiesa appunto di S. Silvestro.

L’affresco sull’altare di S.Lucia

S. Lucia dall’eremo di S.Antonio

S. Silvestro dall’eremo di S. Antonio

L’eremo di S. Antonio

Dalla finestra dell’eremo diruto, la vista spazia senza limiti fino al mare
Da S. Silvestro, dopo aver mangiato un pezzo di pizza bianca e un cioccolatino, abbiamo fatto forza su noi stessi, ché la sosta al sole era una vera pacchia, riprendendo il percorso ad anello che ci avrebbe riportato al punto di partenza.
Siamo scesi verso le altre cime, una discesa lunga e non proprio agevole, tanto che, giunti alla sella sotto la Casaccia dei ladri, che sta sull’ultima cima del Soratte, abbiamo rinunciato a salirvi raggiungendo, attraverso una traccia nel bosco, altrettanto se non più impegnativa (la scivolata era sempre lì in agguato), il sentiero del Percorso vita che in una ventina di minuti ci ha riportati alle macchine.