Di solito non vado mai al Verano il 2 novembre. Odio i posti affollati e il giorno dei Morti al Verano è quasi peggio che l’ora di punta al Corso. Ma ieri ci sono andato. E tra una marea di vecchi – come e molto più di me – sono andato a portare un fiore ai miei. A partire da Tito Chierici per arrivare alla bisnonna e alla trisavola (mi è piaciuto portare un fiore sia a Ernesta che all’uomo che l’ha venerata più che amata per tutta la sua vita) passando per la tomba dei miei, quella dove prima o poi (speriamo più poi…) andrò anch’io.
C’era l’iradiddio di gente al Verano. Più un sacco di militari di tutte le armi – con generali che avevano così tante mostrine che non sapevano più dove mettersele (io un’idea ce l’avrei avuta…) – per una cerimonia ufficiale su al Crocione. Per arrivare alla tomba di Tito sono dovuto passare attraverso il cimitero ebraico (che è molto bello), poi mi devo essere perso, ma alla fine ce l’ho fatta. Lasciando il Monte di Portonaccio, dove sta il padre adottivo (?) di mio nonno, mi sono diretto verso la tomba dei miei. Sulla strada sono passato davanti a un messaggio che mi ha commosso. Questo.
No, non si tratta della sciarpa della Roma (anche se un po’ già quella “tocca”). Si tratta di quello che è scritto nella M di Roma.
Sarà che non sono padre ma sono zio. Sarà che due miei nipoti sono romanisti fino al midollo. Sarà quello che volete, ma le sei parole (compreso il nome) scritte da Mirko, nella loro semplicità e immediatezza, mi hanno colpito. Tanto.