Ieri sera, festa a Roma a casa di un amico (quasi fratello) che vive vicino a Piazza Navona e che fa sessant’anni. Dopo essere stato inspiegabilmente fermo tra Ponte Sisto e Ponte Garibaldi per dieci minuti, attraverso il Tevere e quasi miracolosamente, in un lungotevere pieno zeppo di macchine in sosta, trovo posto subito dopo il ponte di Regina Coeli. Di lì, passando per quei vicoli che conosco a memoria, arrivo a destinazione. E festeggiamo mangiando bevendo e facendo le solite chiacchiere che si fanno alle feste.
Un po’ prima di mezzanotte saluto e faccio a ritroso i soliti vicoli fino a spuntare sul Lungotevere all’altezza di S.Eligio degli Orefici. Attraverso il Lungotevere e vado verso la macchina. A quell’ora anche la “Cosa” di Kentridge sembra avere un suo perché.
Salgo in macchina e penso che ormai a Roma solo di notte, quando le ferite e i segni dei (brutti) tempi che stiamo attraversando sono meno evidenti, ritrovo la città che conoscevo e amavo. Non c’è nulla da fare: ormai sono un vecchio brontolone.