Il mistero del Ponte (che non era) Rotto

A me piace molto viaggiare da fermo. Nello spazio e nel tempo

Visitare tramite le Mappe di Google i recessi più reconditi del pianeta, dalla Scozia Settentrionale con i suoi delfini, allo Yemen con le sue gelaterie, all’isola di Pitcairn con la sua pizza. 

E girare nella Roma di secoli fa tramite le Carte del Tempesta, del Falda e del Nolli.

L’altro giorno passeggiavo nella Roma del 1593 e mi dirigevo da Trastevere verso il Circo Massimo quando mi sono dovuto fermare sul Pons S. Mariae / hodie Pons Fractus (Ponte di Santa Maria / oggi Ponte Rotto) perché non capivo se sarei riuscito ad arrivare dall’altra parte. C’era una grossa linea di frattura sul piano del ponte e la parte verso l’Aventino era tutta tratteggiata in scuro, con la scritta “Haec pars ruit”, questa parte è crollata. Ma se questa parte è crollata perché Tempesta l’ha disegnata comunque? E quando è crollata? 

Per rispondere a queste domande sono andato su Wikipedia dove c’è una voce abbastanza esauriente sul Ponte Rotto (ancora oggi a Roma lo chiamiamo così, ed è ancora più rotto). Costruito nel 241 a.C. da Manlio Emilio Lepido (da cui il nome primo di Pons Aemilius) è crollato ed è stato ricostruito più volte nel corso dei secoli. L’ultima ricostruzione fu per il Giubileo del 1575 fino alla definitiva “ruina” nella spaventosa alluvione del 1598.

Ma se nel 1593 – data della carta del Tempesta – il ponte era in piedi, le domande di prima, almeno la prima, erano ancora senza risposta: perché raffigurarlo così e dire che quella parte era crollata? Qui mi viene in soccorso la prefazione alla Carta nella bella edizione di Intra Moenia del 2022. Dove Attilio Wanderlingh ci dice che il buon Tempesta la aggiornò nel 1606 e che poi la Carta venne riedita nel 1646 (ed è a quest’ultima che ci si è rifatti nel 2022). Evidentemente quando ci rimise mano nel 1606, Tempesta prese atto del crollo e raffigurò il ponte in quel modo.

Risolto il mistero e attraversato finalmente il fiume sul ponte che nel 1593 era saldamente (?) al suo posto, arrivo dall’altra parte, là dove 2777 anni fa (più o meno) nacque la città che odio/amo.  

E lasciandomi alla sinistra la chiesa di Santa Maria Egiziaca (già tempio di Portunus, dove noi da ragazzini invocavamo la Fortuna Virile giacché allora si diceva che quella fosse la dedicazione del tempio) mi dirigo verso quella che tutti conoscono come Santa Maria in Cosmedin ma che sulla carta è indicata con il vecchio nome. L’ortografia non sembra comunque essere il forte di Tempesta che scrive “Santa Maria de Scolla Grecha“ . 

Anche qui una sorpresa: fuori dal Portico c’è il mascherone/tombino che tutti conoscono come la Bocca della Verità, oggi murato all’interno del portico (avete presente Audrey Hepburn e Gregory Peck in Vacanze Romane?). Anche qui, ricorso a Santa Wikipedia (che mi onoro di sostenere con un piccolissimo contributo mensile) e anche qui puntuale risposta: il mascherone in effetti venne murato all’interno durante i lavori di restauro voluti da Urbano VIII Barberini nel 1631; prima stava fuori, appoggiato esattamente al portico.

È proprio vero. Viaggiando s’impara…

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