Un viaggio lungo e appassionante

In questi giorni “rossi” intorno a Natale ho letto, anzi, ho divorato (tanto per usare un verbo più consono alle festività natalizie) «In viaggio con il mio violino», un libro che mi ha regalato il mio grande amico Tarcisio Tarquini. Si tratta della bella autobiografia di Stéphane Grappelli, il grande violinista jazz, tradotta da Paola Rolletta e pubblicata da Ottotipi Edizioni assieme all’Associazione Gottifredo di Alatri di cui Tarcisio è presidente (e anima).

Già, perché ad Alatri era nato il padre di Grappelli, emigrato all’inizio del secolo scorso a Parigi, dove poi Stéphane sarebbe nato nel 1908. E alla bella città ciociara dalle famose mura ciclopiche il violinista si sarebbe poi legato negli anni, fino a far spargere le proprie ceneri nel giardino sotto la torre medievale che porta il nome della sua famiglia, nel centro di Alatri. È una lettura appassionante la storia della vita di SG, dall’infanzia difficile in una Montmartre assai diversa da quella che poi la leggenda ci ha tramandato, un borgo piccolo in cui ci si conosceva tutti, ai palchi e ai successi in tutto il mondo. Orfano di madre da piccolo, durante la Grande Guerra conosce la durezza della vita in collegio. Sarà la musica, imparata da autodidatta grazie a un violino regalatogli dal padre, a salvarlo e a nutrire la sua vita in una carriera durata poi settant’anni, da quando bambino suonava nei cortili alla gloria della Carnegie Hall a New York. Una carriera con alti e bassi, dal grande successo del quintetto jazz dell’Hot Club de France fondato con Django Reinhardt, alla crisi del dopoguerra, alla lenta ma costante costruzione del proprio mito nel corso dei decenni successivi.

E nelle pagine dei ricordi di SG c’è tanto Ventesimo secolo, persone e luoghi, da Isadora Duncan, alla cui scuola di ballo il padre l’aveva iscritto in giovanissima età, a Clifton Webb, l’attore di «Laura» che per errore va a dormire nella sua stanza a Londra durante la guerra, e a tanti altri; c’è una Saint Tropez quasi selvaggia dove SG suona l’estate e c’è la nascita del mito di Saint-Germain-des-Prés all’epoca dell’esistenzialismo. E soprattutto c’è tanta musica e tanti musicisti, dai mostri sacri del jazz ai tanti bravi compagni d’avventura con i quali il nostro ha suonato nei lunghi decenni di carriera. Il tutto raccontato con un brio e una gentilezza d’animo (e una memoria…) che ne fanno una lettura davvero piacevole e difficile da abbandonare.  

Ieri, mentre stavo per finirlo, ho riperticato negli scaffali e messo sul piatto un disco con le musiche sue e di Django. Un balsamo per l’anima.

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