Ieri sono stato a Cantalupo per una visita organizzata dagli Amici del Museo. Tra gli appuntamenti, la visita a Palazzo Ricci-Cati, un antico edificio (sta nella prima cerchia di case costruite quando vi fu l’incastellamento, e dunque le sue origini devono risalire al XIII-XIV secolo) il cui portone si apre sulla via che Cantalupo (a mia conoscenza unico comune in Italia) ha dedicato al mio trisavolo (putativo) Luigi Chierici, che del resto soggiornò più volte e a lungo in una casa su questa strada (dove oggi c’è una lapide che lo ricorda) ospite proprio della famiglia Cati. Nel palazzo, sapevo, c’è un ritratto di Chierici, se non giovane certo più giovane dell’unica foto in mio possesso che ho già pubblicato più volte.
È stata un’emozione vederlo, quel ritratto, che sta sulle scale che salgono al primo piano. Fatto passare il resto del gruppo, mi sono trattenuto un po’ davanti al dipinto facendo più di una foto. Sopra avete visto gli occhi chiari e pensierosi di Chierici, con quel velo di malinconia che li attraversa. Qui sotto vedete il ritratto nella sua interezza.

È un uomo pingue, quello ritratto, non ancora obeso come sarà in tarda età, ma certo “abbondante”. Ha i capelli grigi, più sale che pepe, e porta baffi e pizzetto come farà fino alla fine dei suoi giorni. Non sono molto bravo a giudicare le età, ed è anche vero all’epoca s’invecchiava prima, ma direi che si tratta di un uomo sui cinquant’anni più o meno. (Anche se, più lo guardo più mi sembra che potrebbe essere anche più giovane, privo di rughe com’è, ma incanutito precocemente.) Mi piace questo ritratto. Mi sembra che il pittore abbia compreso la persona e ne abbia reso il carattere, la vena malinconica, la bontà ma insieme la decisione, quella sua capacità di resilienza che lo ha fatto sempre reagire alle molte avversità che ne costellarono la vita. Sono fiero di essere legato in qualche modo a lui e sarei contento se fosse davvero il mio vero trisavolo (vedi qui), se dentro di me scorresse un po’ del suo sangue.
Vabbè, sto diventando po’ melenso e “me la smetto” (come diceva Fausto Vigevani, uno che certo melenso non era…). Non prima però di aver pubblicato altre due foto: la casa dove Chierici ha abitato ( e mio nonno Enrico probabilmente con lui) e la lapide che nel 1905, sette anni dopo la sua morte, il Comune di Cantalupo mise sulla casa.


“Valoroso igienista ” , che curiosa definizione.
A Cantalupo ho partecipato a diversi seminari organizzati dal mio Maestro di Tai Chi. Abbiamo alloggiato alla Locanda dei girasoli, in una stradina lunga e stretta, nel centro del paese. Ne ho un bel ricordo insieme anche a Casperia.
Era un medico. Aveva inventato la medicina sociale: l’importanza dell’igiene, personale e sociale, per il bene comune