Rileggendo questo post, e soprattutto la parte finale, quella relativa al quadro di Lorenzo Lotto con la danza degli sguardi, mi sono reso conto che, è vero, quando sei dentro al quadro il tuo occhio vola dall’uno all’altro sguardo dei vari personaggi. Ma sei dentro al quadro perché dentro ti ci porta lo sguardo della madonna, fisso nel tuo di spettatore, una madonna popolana, una giovane marchigiana tosta dai capelli scuri, dall’espressione seria, quasi accigliata, e dallo sguardo che ti chiede chi sei, che vuoi, se hai capito cosa stai guardando e perché lo stai guardando, uno sguardo che contraddice le espressioni un po’ manierate degli altri protagonisti, uno sguardo che ti dice, più di mille scritti teorici, che l’arte, come la rivoluzione, non è un pranzo di gala.
La scorsa settimana sono tornato alla Galleria nazionale di Palazzo Barberini dopo tanti anni (quanti non so: di sicuro almeno dieci, perché è da dieci anni che è aperto il primo piano, mi hanno detto, là dove aveva sede il Circolo degli ufficiali, mentre il museo che ricordo era invece tutto al secondo piano).
Le opere sono tante e bene esposte. Molte le ricordavo e le ho ritrovate. Alcune sono state spostate a Palazzo Barberini da Palazzo Corsini dov’erano prima esposte (almeno a stare alla mia memoria). Non ho ritrovato la botticelliana Maddalena di Piero di Cosimo (che ispirò una delle mie prime – non indimenticabili: e infatti le ho dimenticate quasi tutte – canzoni). La Fornarina mi ha dato una grande emozione (come sempre, ma forse un po’ meno di sempre: i suoi occhi non mi hanno seguito come un tempo da una parte all’altra della sala; probabilmente sono io…
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