Catacombe

Durante una riunione del Fai l’altra sera, un ragazzo (per me tutti quelli sotto i 40 sono ragazzi, e ogni tanto penso anche a me e ai miei amici ultrasessantenni come “ragazzi”, eterni ragazzi) parlava con entusiasmo di Santa Vittoria, la bella chiesa di Monteleone Sabino, anche perché accanto alla chiesa, diceva, ci sono le uniche, per quanto piccole, catacombe della Sabina. Condivido l’entusiasmo per Santa Vittoria, un posto davvero magico (oggi purtroppo chiusa, a quanto mi dicono, per problemi sorti dopo il terremoto di Amatrice) ma non la notazione sulle uniche catacombe.

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La chiesa di Santa Vittori a Monteleone Sabino. Sotto, l’interno

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Se non ricordo male, l’apertura a destra del ciborio è l’ingresso alle catacombe

Altre catacombe esistono, infatti, non troppo lontano da casa mia, a Ponte Sfondato, frazione del comune di Montopoli. Anche se non sono certo visitabili (non so se esista ancora – dubito fortemente – l’apertura attraverso la quale un manipolo di soldati inglesi, internati durante la guerra di Etiopia, le esplorarono) e  se ne sta addirittura perdendo la memoria.

Ne ha parlato più volte don Carmelo Cristiano, il vecchio parroco e storico di Montopoli, in vari scritti. Il primo dei quali, dedicato a San Getulio di Gabis, il più antico santo sabino, è contenuto nell’opera collettiva, dal titolo “I Martiri Sabini”, curata nel 1975 dalla Diocesi, il cui dattiloscritto consultai tanto tempo fa nella biblioteca di Montopoli.

Scrive don Carmelo di aver parlato lungo con il proprietario del terreno sotto il quale si trovavano le catacombe, un certo Augusto Rinalduzzi, che tutti a Ponte Sfondato chiamavano “Augustarello”.  «Con molta cortesia egli racconta – scrive don Carmelo – che durante la guerra di Etiopia, assieme a un gruppo di soldati inglesi sono penetrati in una grotta assai lunga e con delle curve, scavata nel tufo e piena di morti seppelliti come a scaffale di libreria. Lo scavo è durato un paio di settimane e sono state trovate solo alcune “lucernette”: poi è stato abbandonato perché – dice Augustarello – si trattava di “morti poveri”. Dicendo “morti poveri” Augustarello intendeva dire “senza la consueta moneta in bocca”. Sappiamo infatti che i pagani li seppellivano con una moneta in bocca, mentre invece non così  i  cristiani. Ora, erano appunto le monete antiche che gli inglesi andavano ricercando. Comunque la catacomba doveva essere anche un po’ più estesa di quella perlustrata da Augustarello. Infatti qualche anno addietro, dopo uno scasso del trattore, si è aperta una buca assai profonda  che io stesso ho visto semi interrata. Evidentemente il sotterraneo arrivava fino alla buca”, che, specifica un po’ più avanti don Carmelo, stava a più di trenta metri.

Nel terreno intorno ci sono (o almeno c’erano fino agli anni 70) resti di una costruzione medievale e, andando verso il Tevere, molti altri resti medievali o romani, testimonianza della possibile esistenza da quelle parti della “Curtis di san Getulio” e di una basilica dedicata al santo, di cui parlano peraltro molti documenti farfensi.

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