
La raffigurazione della santa, nel Museo di Roma in Trastevere
Nel post precedente (che ha per titolo quella parola impronunciabile) facevo riferimento a una santa che non è una santa, o meglio a una santa che non esiste se non a Roma. E già, perché tra i pochi privilegi rimasti agli abitanti della città eterna (ai tempi della sindaca dalle grandi orecchie nemmeno più sicura di restare tale…) c’è quello di una santa che non è una santa, anzi, che non esiste se non a Roma.
Parlo di Santa Pupa, colei che nell’immaginario collettivo capitolino protegge i bambini. Avete visto mai un piccino che ha appena cominciato a camminare e se ne va per casa dondolando, con la testa che sfiora di un millimetro angoli e spigoli a destra e a manca? Beh, non so cosa succeda da altre parti, ma a Roma, se quel piccino non si fa male, è perché c’è santa Pupa che veglia su di lui.
Una santa così popolare, che Giuseppe Gioacchino Belli le dedicò un sonetto, dall’incipit davvero “gajjardo”. Eccolo.
Santa Pupa1 è una santa che ddavero
je peseno, pe ccristo, li cojjoni; 2
e appett’a llei tanti santi bbarboni
nun zò,3 Terresa, da contalli un zero.
Va a ddí a li fijji tui che ssiino bboni!
Lo so io co li mii si mme dispero,
e mme spormóno4 er zanto ggiorno intiero:
senza de lei Dio sa li cascatoni!
Eppuro,5 a sta gran zanta, poverella,
je vedi mai una cannela accesa?
j’opre ggnissuno un buscio de cappella?
Furtuna e ddorme:6 ecco ch’edè,7 Tterresa;
e ssan Pietro, che ddiede in ciampanella, 8
ruga, e ttiè er culo in cuer boccon de cchiesa!
Roma, 17 gennaio 1833
Note
- ↑ La Santa che vuolsi vegliare pei bambini.
- ↑ Cioè: Santa di vaglia.
- ↑ Sono.
- ↑ Spolmono, sfiato.
- ↑ Eppure.
- ↑ Proverbio.
- ↑ Ecco cos’è: ecco la cagione spiegata.
- ↑ Dare in ciampanella: fallire.