
Aris Accornero
Nella notte tra il 21 e il 22 ottobre è morto Aris Accornero. Operaio, giornalista, sociologo, scrittore, professore, Aris è stato uno degli intellettuali di maggior spicco della sinistra. Il sito Rassegna.it l’ha ricordato pubblicando anche un’intervista che gli feci qualche anno fa sul tema dell’unità sindacale.
Per un certo periodo, quando dirigevo Rassegna Sindacale, Aris pubblicò per noi degli editoriali molto apprezzati (da me e un po’ da tutti) anche quando non erano proprio in linea con la linea della confederazione (ma Aris aveva una statura tale per cui nessuno mai obiettò al fatto che aprissimo il giornale della Cgil con un articolo che quantomeno allargava il ragionamento rispetto alle prese di posizione di Corso d’Italia).
Quegli editoriali nascevano così: io lo chiamavo e gli chiedevo se gli andasse di scrivere un editoriale su questo o quel tema; lui di solito diceva di sì, anche se non aveva il tempo di scrivere materialmente il pezzo; prendevamo un appuntamento telefonico per il giorno dopo; il giorno dopo lo chiamavo, accendevo il registratore e lui, dopo un attimo di pausa, «ti servono tre cartelle, vero?», cominciava a parlare, anzi, a “scrivere a voce”. Sviluppava tutto il ragionamento fino all’impeccabile chiusa finale e poi ci salutavamo. Io trascrivevo il tutto in un’oretta o poco più, mettevo punti, virgole, punti e virgola e due punti, eliminavo qualche ripetizione (pochissime) e il pezzo era pronto. Glielo mandavo via mail perché lo controllasse, lui me lo rimandava di solito così come glielo avevo mandato (se cambiava qualcosa di solito si premurava di sottolineare che, rileggendosi, aveva pensato che fosse meglio attenuare o accentuare questo o quel concetto), io lo impaginavo, lo titolavo e l’editoriale era pronto.
Da qualche parte devo avere un suo biglietto (o forse era una mail, nel qual caso non ce l’ho più, ma il ricordo sì che ce l’ho, indelebile) in cui diceva, più o meno, «Caro Galantini – lui mi chiamava Galantini, io lo chiamavo Professore, e nella mia voce era evidente la P maiuscola – è un piacere lavorare con te». Non mi ricordo se gli risposi per iscritto o solo a voce. Oggi non posso che ribadire che anche per me fu un piacere. Uno dei piaceri più grandi della mia vita di lavoro.
Caro Enrico, anche io mi ricordo del Professore e ieri mi ha molto rattristato la notizia della sua morte. Voglio qui condividere con te i miei ricordi di Aris quando ero ricercatrice e poi direttore all’ires. Con lui ho realizzato più di una ricerca pioniera sui temi della flessibilità, sui co co co, sugli interinali , sui nuovi modelli produttivi e sulla necessità di pensare a nuovi modelli di welfare. Con lui ho imparato a guardare il mercato del lavoro con occhi più aperti. Un patrimonio di riflessione che mi ha accompagnato in tutta la mia vita professionale .
Se la sinistra politica lo avesse letto e capito di più forse oggi non registreremmo quel disastro a cui assistiamo quotidianamente.
Grazie Enrico per questo spazio e se posso approfittare….è un piacere collaborare “volontariamente” con te.
Benvenuta, quando vuoi