«Rastello si rende conto che il morire non è solo un problema di chi muore. Ai sani la morte fa scandalo, la loro compassione è anche uno scongiuro, l’affetto che circonda il malato rischia di isolarlo in quanto oggetto d’imbarazzo, specie se la malattia si protrae a lungo, se ci sono recidive. La compassione è un sentimento quantomai ambivalente, avvicina ma allo stesso tempo allontana, crea un cordone sanitario, istituisce una gerarchia in cui è chiaro una volta per tutte chi sta sopra e chi sta sotto.
«No, la morte non è un’alleata. Ma è possibile usarla come reagente, come acido corrosivo per liberare la vita da ciò che la mortifica: la paura, i ricatti, la mancanza di curiosità, la buona coscienza un tanto al chilo, tutti ceppi che ingabbiano e immiseriscono la potenza insita in ogni esistenza».
Dalla recensione di Daniele Giglioli (su La lettura del 26 agosto) al libro postumo di Luca Rastello “Dopodomani non ci sarà. Sull’esperienza delle cose ultime”, Chiarelettere 2018.
La morte, sempre la morte. Uno fa di tutto per non pensarci, poi caschi su queste parole e cominci a pensare…