Uno degli inconvenienti dell’età è la parola che ti sfugge. Tu che eri famoso per la tua memoria infallibile, adesso ogni tanto (ogni spesso) vai nel pallone perché non ricordi come si chiama quella persona che hai incontrato ieri, quel film che non è tanto che l’hai visto, quel fiore che piace tanto a te o a tua moglie.

Portulache
A proposito di fiori, due sono quelli i cui nomi mi sfuggono più di frequente. Oggi è stato uno di quei giorni. Pensavo intensamente alla piantina che avrei voluto comprare, con le sue foglie carnosette e i fiori dai colori accesi che la notte si chiudono, ma il nome non mi veniva. Così come quell’altra con i fiori che sembrano margheritone, che il nostro terrazzo ne è pieno, che ha sofferto tanto per il gelo di marzo e che quando ci penso mi viene sempre in mente il nome “dieffenbachia”. Doppia amnesia oggi. E doppia frustrazione.

Dimorfoteche
Poi l’illuminazione. Doppia anch’essa. Prima la parolina magica: “portulaca”. Con un senso di gioia che fluiva nel petto e io che ripetevo come uno scemo ad alta voce “portulaca, portulaca, portulaca” (ripetere spesso il nome mi sembra l’unico modo per fissarlo un po’ nella memoria). E poi, a stretto giro di posta, l’altra parola: “dimorfoteca”, anche qui con plurima ripetizione del nome, per piantarlo come un chiodo nel cervello, per aiutarmi a non dimenticarlo.