Vittime

Sono rimasto sgradevolmente colpito, come credo molti, dalle parole risentite della brigatista Balzerani contro le “vittime come mestiere” che avrebbero “il monopolio della parola”. A questa dichiarazione oscena risponde un brano del libro che sto finendo in queste ore (e come spesso accade le parole più giuste le trovano proprio gli scrittori). Il protagonista dell’episodio che trascrivo si chiama Xabier e suo padre è stato ucciso tanti anni prima da un commando dell’Eta (terrorismo di matrice diversa rispetto alle Br, che ha causato comunque tante vittime innocenti nel paese basco ma non solo). Il dolore, il senso di colpa per essere ancora vivi, l’impossibilità della felicità possono non finire mai.

Patria“All’angolo con plaza de Guipúzcoa c’era il castagnaro. Una dozzina, 2,5 euro. Mentre pagava, battevano le otto al carillon della Diputaciòn. E Xabier, con il gradevole calore del cartoccio tra i palmi delle mani, si sedette su una panchina della piazza, sotto la luna calante che si scorgeva attraverso i rami senza foglie di un albero. Sbucciò facilmente la prima castagna. Buonissima. Al punto giusto, né dura né bruciata. E il piacevole calore che gli si sparse nella bocca addensava il vapore del suo respiro. Anche la seconda castagna, molto buona. Troppo buona. Si alzò in piedi. Rovesciò il cartoccio quasi pieno in un cestino, cosicché le castagne caddero a una a una sui rifiuti accumulati all’interno. Poi prese a camminare verso l’Avenida, confuso tra la gente.”

Da Patria, di Fernando Aramburu, Guanda 2017, pagina 546

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