Nunzio vobis gaudium magnum: Habemus Jonas (o dovrei scrivere Jonam?)
A ventun anno di distanza dalla pubblicazione della seconda parte, è appena uscito anche qui da noi Jonas Fink. Una vita sospesa, il libro con il quale Vittorio Giardino completa la trilogia. L’ultima parte, Il libraio di Praga, viene pubblicata in Italia – a differenza della Francia, dove è uscita da sola –, insieme alle altre due, ed è una scelta che in fondo ha una sua logica, anche se in qualche modo “penalizza” chi come il sottoscritto già possedeva i primi due libri della saga. Ma va bene così. Non ne faremo certo una questione di soldi (tanto più che, per non farmi mancare nulla, mi sono regalato l’edizione “de luxe”, che consiste in una delle mille copie numerate, più un diario di bordo e tre stampe).

Vittorio Giardino
In fondo è l’occasione per rileggere tutta assieme la storia di Jonas. Iniziando dalle discriminazioni che subisce nel primo episodio (L’infanzia) in quanto ebreo e figlio di uno psichiatra arrestato per attività antipatriottica (morirà in carcere anni dopo). Siamo negli anni cinquanta: Jonas viene cacciato da scuola, bullizzato dagli ex compagni di scuola e costretto a cercare un posto in cantiere (ma poi troverà lavoro come commesso in una libreria); la madre deve andare a lavorare in fabbrica, visto che le impediscono di dare lezioni private, e tirare avanti è assai difficile. Passando per quello che avviene nella seconda parte (L’adolescenza), quando diciassettenne s’innamora, corrisposto, della giovane russa Tatjana, mentre nella libreria circolano opere proibite e la polizia indaga sul libraio e su di lui e alla fine Tatjana verrà portata via in Russia dai genitori preoccupati delle conseguenze su di lei (e su di loro) del suo amore per il giovane. Questa terza parte è ambientata ovviamente durante il ’68 di Praga: la primavera di Dubcek, le speranze di un socialismo dal volto umano e poi l’invasione russa. È bello ritrovare il segno pulito e minuzioso di Giardino, le sue inquadrature quasi cinematografiche e il gusto dei particolari, insieme ai tanti personaggi che avevano già affollato le pagine delle prime due storie. Il plot va avanti serrato, mischiando l’amore alla Storia, quella con la S maiuscola, con un finale che ci porta a vent’anni dopo: Havel presidente al Castello e la città che comincia quel cambiamento che in questi anni l’ha mutata profondamente (la vidi nel 1970 – c’erano ancora i carri armati negli immediati dintorni – l’ho rivista quarant’anni dopo e quasi non la riconoscevo…).
Niente spoiler. Solo una tavola, fotografata con l’i-Phaster, con il disperato tentativo dei giovani praghesi di confondere gli invasori togliendo le targhe delle strade.