Stasera ho festeggiato i 64 anni (ma che cazzo te festeggi, potrebbe dire un amico senza peli sulla lingua; in parte concordo, ma poi penso che l’alternativa al compierli, i 64 anni, è molto peggio, almeno dal mio punto di vista). E li ho festeggiati, questi tanti anni, con Daniela e il cugino Marco, ospite (per troppo poco tempo) qui da noi in Sabina.
Siamo andati a mangiare in un ristorante vicino a casa: I Granari, nell’omonima frazione di Montopoli. Un posto in cui veniamo da sempre, che qualche anno fa ha avuto un boom notevole dovuto all’introduzione del pesce il venerdì, sabato e domenica, un boom che dura ancora oggi. E in effetti la cucina semplice ma inventiva, le porzioni abbondanti, i prezzi onesti ne fanno un’alternativa intelligente che molti sabini scelgono di frequentare, nel week end ma non solo. Perché quando non c’è il pesce, anche il menu “di terra” è decisamente buono, a partire dagli stringozzi cacio pepe e pancetta che sono un po’ la bandiera del locale (che a questo piatto dedica anche una Sagra che si ripete di anno in anno con successo crescente).
Stasera comunque c’era pesce e abbiamo mangiato assai bene. Ma il piatto che mi ha sconvolto, nella sua semplicità e nella sua perfezione, sono state quelle che sul menu vengono definite patate di Antrodoco cacio e pepe, fritte e poi condite con pecorino e pepe, appunto, che sono state una vera e propria rivelazione. Avete presente John Belushi nei Blues Brothers, quando entra nella chiesa e viene colpito dal raggio di luce e si mette a fare capriole gridando “I’ve seen the light”?
Beh, togliete le capriole, la reazione a livello emotivo è stata più o meno la stessa. Patate tipo chips, che nel friggere un po’ si gonfiano, cosparse di abbondante pecorino e pepe. Che cosa vuoi di più dalla vita?
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