Nella cantinola giù nella grotta ne erano rimaste due, di quelle bottiglie. Le etichette corrose dall’umidità impedivano di leggere alcunché, figuriamoci una data, anche se erano inconfondibilmente quelle dello Chardonnay Marina Cvetic di Masciarelli. L’annata poteva essere, per quanto mi ricordavo, o il 1998 0 il 2001. Ne ho presa una, l’ho messa un po’ in frigo e ieri sera l’abbiamo aperta, per accompagnare una pasta con il cavolfiore ubriaco, anzi, viste le proporzioni, del cavolfiore ubriaco con la pasta.
Il tappo ha sciolto il dubbio. C’erano sopra due parole: Cvetic e 1998. Un paio d’anni fa ne avevo bevuto un’altra bottiglia (ma non sono sicurissimo dell’annata, poteva essere anche un 1997) e ne era uscito un vino che si era asciugato, un po’ come certi vecchietti: elegantissimo ma un po’ esangue («e vulivo vede’», potrebbe commentare qualcuno, «dopo sedici anni in cantina…») un po’ l’ombra del vino imbottigliato tanti anni prima. Esito opposto per questa bottiglia. Più che un vecchietto un vecchiaccio, questo vino
Già il colore, un giallo più carico ma vivo vivo, faceva presagire sostanza. E in effetti fin da subito ha esibito una concentrazione di profumi e di sapori assolutamente fuori dall’ordinario, mostrando anche una notevole evoluzione nel passare dei minuti. Il legno, di solito presente (anche se elegante) in questo vino, non si sentiva, gli agrumi invece sì, e non solo loro. Una grande esperienza e un grande abbinamento, con la pasta. Ne è avanzata mezza bottiglia. Stasera si replica…