
Bologna nel 1848
Le nostre città sono piene di vie e piazze che hanno per nome una data. Date che a chi è del posto ricordano un avvenimento ben noto (anche se con il passare degli anni la memoria collettiva si affievolisce). A Roma, per esempio, la continuazione di via Dandolo si chiama viale XXX aprile (e non so quanti, anche romani, sappiano che cosa successe in quella data…). A Bologna, la piazza dov’è la Montagnola si chiama piazza 8 agosto. Confesso che per anni non ho saputo a cosa si riferisse quella data, anche se ci passavo spesso per andare a casa della zia Paola e dello zio Luciano, dove adesso abita mia cugina Alessandra. Quando ho cominciato a leggere il manoscritto di Luigi Chierici sul biennio 1848-49, ho capito che cos’è stato l’8 agosto di 168 anni fa per i bolognesi. Ecco che cosa ne scriveva Chierici. Questa prima puntata racconta l’antivigilia della battaglia della Montagnola, quel 6 agosto quando il pericolo di un attacco austriaco (Chierici li chiama “tedeschi”) si fa sempre più concreto. Ecco il racconto del mio trisavolo putativo, che all’epoca aveva circa 25 anni ed era laureato in medicina.
6 agosto 1848
« I tedeschi sonosi impossessati di Ferrara e minacciano Bologna. Il General Velden pubblica un proclama in cui consiglia i bolognesi a cedere, ed a ricordare il sacco da essolui fatto dare a un castelletto che aveva voluto fare resistenza, parlava di un castelletto, quasi fosse paragonabile a Bologna!
«Più tardi viene palesato un proclama di Pio IX in cui, lagnandosi dell’occupazione di Ferrara, anzi protestando, viene come ad incitare i popoli suoi a difendersi contro simili invasioni. Questo proclama per mezzo particolare era pervenuto ad un bolognese causidico il quale lo leggeva in pubblica Piazza. Da qui si conosce come erano tirate le fila. Il proclama esisteva, ma non se ne permetteva la pubblicazione.
«Ad ogni modo stava a dimostrare che i bolognesi non sono vili.
«Pertanto da parte mia, comincio a requisire armi da tutte le parti e riesco ad armare una buona parte di popolo. Lo dispongo per bene e non si attende altro che il momento della battuta.
«Io e mio fratello corriamo ovunque a far suonare le campane attorno, e specialmente a San Martino, ove dobbiamo cominciare a suonare da noi medesimi.
«Nel dopo pranzo mi occorrevano cartucce (Chierici scrive “cartatuccie”) e portatomi al Comando Civico, il Cap. Bassani me le rifiutava se il Cap. Lugi non gl’imponeva di somministrarmene. Me ne possono consegnare circa cinquemila e caricate sulle mie spalle le portai fino alla mura che sta tra S. Donato e la Mascarella, ai miei militi.
«Per quella sera niente di nuovo. Le porte della città sono tutte chiuse e barricate. S’attende il nemico ma non viene».