Ciao, Mammola

L’altro giorno, guardando nelle mail che ogni tanto scaricavo usando l’i-phone come hotspot (visto che grazie a Telecom siamo stati più di due settimane senza Adsl), ho visto un commento a un mio post di un vecchio compagno di scuola, che non vedo da allora (anche se passando da S. Maria in Trastevere spesso mi capita di pensare “In quel palazzo abitava Stefano” – strano come certe cose si fissino nella memoria come chiodi nel legno) che mi ringraziava per il mio ricordo di Mammola, il nostro capoclasse al liceo, e diceva che Maurizio era morto la sera prima giocando a poker.

Lì per lì ho pensato a uno scherzo – com’è difficile accettare la morte… –. Ma poi, dopo una rapida ricerca in rete e altri commenti e altri link (in questo c’è una sua bella foto di oggi), ho capito che era vero. Che il nostro capoclasse – che “da grande” aveva lavorato dietro le quinte della televisione (nei motori di ricerca se si si  digita il suo nome ci sono vari link a programmi di cui era stato produttore esecutivo) non c’era più.

Per lui una foto e un ricordo. La foto è questa

foto liceo1Anno: 1971 (se non sbaglio ed è davvero foto della terza liceo…). Luogo, uno dei cortili interni del Massimo, la nostra scuola all’Eur.

Maurizio è quello che torreggia al centro della fila più in alto, con quel cespuglio di capelli che vanno in ogni direzione e la camicia jeans che contiene a stento il suo fisico straripante.

Per chi fosse interessato, io sono il terzo da sinistra della fila centrale, con quella maglietta (o è un golf?) a righe che indubbiamente spicca, con i baffi, un improbabile ciuffo (con tanto di onda…) e lo sguardo perso chissà dove.

Nella foto c’è anche Padre Rozzi, preside e professore di filosofia. Persona che tutti temevamo assai, dallo sguardo e dalla voce taglienti, che solo “dopo” avremmo scoperto essere assai più umano e simpatico del personaggio che interpretava in classe. A lui è legato il ricordo. A quella volta che nessuno aveva studiato – non ricordo perché – gli appunti (padre Rozzi ci faceva comprare il Lamanna ma poi, durante ogni lezione, dettava i suoi appunti ed era su quelli che nell’ultimo quarto d’ora interrogava).

E Mammola, da vero capoclasse, si fece carico del problema. Finita la spiegazione, quando padre Rozzi aprì il registro – quando lo faceva tutti si nascondevano come potevano –, alzò la mano e spiegò come stavano le cose, giustificando la classe.

Rozzi lo guardò ironico e gli disse: – Limarzi, lo sai cosa significa questo?

E Mammola, alzandosi e andando alla cattedra come un manzo al macello (ma con molta dignità e il petto proteso al ferro nemico), rispose: – Certo che lo so. E si sacrificò per noi.

2 pensieri su “Ciao, Mammola

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