Non sono molti i posti in cui mi piacerebbe vivere, oltre a quello in cui vivo. Ma una regione che amo, in cui davvero mi piacerebbe passare molto più tempo di quello che ci ho passato da turista, è il Sud della Francia. Non tanto la Provenza (più famosa, più vacanziera e peraltro molto bella anche lei), quanto il Midi-Pyrenées, che negli anni scorsi abbiamo girato abbastanza e che possiede tante gemme.
Una di queste l’abbiamo scoperta quasi per caso. Stavamo a Cordes sur Ciel, paesino medievale tanto bello da sembrare finto (e in effetti è un bel po’ restaurato) e facendo un giro in macchina siamo arrivati a Monesties. Dopo aver parcheggiato, siamo entrati nel villaggio, assai carino e ben tenuto. Vista la chiesa e fatti due passi (di più non ne servono per girare il paese) all’ufficio turistico ci hanno detto della cappella di St. Jacques e della Mise au tombeau, appena fuori dal cerchio del paese. Ci siamo andati, abbiamo pagato il nostro ticché e siamo rimasti a bocca aperta.
Una Mise au tombeau è una Deposizione di Cristo e insieme Lamento sul Cristo morto, soggetto assai diffuso dal tardo medioevo. La rappresentazione plastica dell’ultimo atto della vicenda terrena di Gesù prima della Resurrezione. Quella di Monesties è datata 1490. Commissionata dall’allora vescovo di Albi, Louis d’Amboise, rimase nella cappella del di lui castello di Combefa fino al 1761. Tredici anni dopo venne traslata in questa cappella a Monesties e da allora lì sta.
Il grande realismo delle statue (ancora con molta della policromia originale) e dei volti, l’insieme che è formato da tre gruppi: il Crocefisso, una Pietà e la Deposizione vera e propria, in una sorta di cronologia dall’alto verso il basso. Tutto ha un enorme potere di suggestione. Mi ricordo che l’abbiamo vista praticamente da soli per quasi tutto il tempo e mi ricordo anche di avere fatto delle lunghe riprese con la cinepresa, ma non fotografie (rimedio in parte con qualche foto, ahimè piccolina, tratta da una galleria su Flickr). Una grande emozione. Se passate di lì non perdetevelo. Anzi, un consiglio: andateci. Tutto l’albigese (il distretto del Tarn) vale la pena di un viaggio.
P.S. Anche per il cibo e il vino. Ma questa è un’altra storia…
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