Siete mai stati al catasto di Linz?

Ho ritrovato nella memoria del computer questo articolo che scrissi un po’ più di 16 anni fa in memoria di Hugo Pratt (1927-1995). Mi piace ancora e quindi lo pubblico.

“Penso a una storia in cui un calcolatore Ibm s’innamora di una slot-machine e la slot-machine è innamorata del programmatore del calcolatore. Allora il calcolatore diventa geloso dell’informatico e fa dei dispetti per vendicarsi, dà informazioni sbagliate. In questa storia ci dovrebbe essere un poeta, amico del programmatore, e un gorilla che può immagazzinare dei dati nuovi senza che il suo cervello esploda, grazie alla sua corteccia cerebrale più spessa di quella dell’uomo! E la slot machine è una gran puttana, si illumina di colori quando la si tocca…”.

Questa storia, “di poesia e fantascienza”, di cui parlò con un intervistatore alla fine degli anni 80, e di cui aveva qualche tavola già pronta, Hugo Pratt non la disegnerà più. Alla metà d’agosto un tumore all’intestino se l’è portato via in una clinica di Losanna, in quella Svizzera in cui da qualche anno aveva deciso di vivere.

Hugo Pratt a Venezia

Hugo Pratt aveva 68 anni. Era nato a Rimini, nel 1927, ma per caso: i suoi, veneziani, erano in vacanza sulla costa romagnola (e del resto anche Corto Maltese, il suo alter ego sulle pagine bianche, era veneziano pur essendo nato a Malta). Ma come il suo eroe Pratt era cittadino del mondo. E non solo in senso figurato.

Innanzitutto per le sue radici cosmopolite: il suo albero genealogico sembra un romanzo d’avventure. Il nonno paterno discendeva da un’antica famiglia anglo-normanna, rifugiata in Francia dopo la Rivoluzione inglese del 1688. Progettista di apparecchiature militari, Joseph Pratt venne a Venezia alla fine dell’800 (un suo parente, William Henry Pratt, divenne famoso a Hollywood come attore con lo pseudonimo di Boris Karloff). E da parte materna ci sono ascendenze spagnole (ebrei marrani, fuggiti da Toledo all’epoca dell’Inquisizione) e turche (la nonna, ebrea anche lei, apparteneva a una famiglia, gli Azim-Greggyo, venuta a Venezia verso il 1390).

E poi la tutta la vita di Hugo Pratt è sotto il segno del viaggio. A dieci anni segue il padre in Etiopia e questo soggiorno resterà fondamentale fonte di ispirazione per molte storie, di Corto Maltese ma non solo. Durante la guerra viene arruolato a forza dal padre nella polizia coloniale (a 14 anni!), viene fatto prigioniero a Diredaua  nel 1942 e rimpatriato. Arrestato e poi arruolato dai tedeschi, diserta e finisce interprete nell’Ottava Armata inglese (tutto questo prima dei 18 anni…).

Dopo la guerra resta a Venezia per 4 anni, fino al 1949: è il periodo dell’Asso di Picche, un mensile  a fumetti fatto assieme a Dino Battaglia (altro grande autore di fumetti), Alberto Ongaro (sceneggiatore e poi giornalista e romanziere), Damiano Damiani (poi regista cinematografico) e altri, meglio noti come il “gruppo di Venezia”.

Poi è la volta dell’Argentina, dove l’Asso di picche aveva avuto successo. Qui Pratt resta 13 anni (con intervalli a Londra e a Venezia) lavorando e viaggiando moltissimo: Ernie Pike, Ticonderoga, Anna della Jungla e Wheeling  sono i fumetti di quegli anni. Poi torna in Italia e lavora per il Corriere dei Piccoli, ma continua a viaggiare moltissimo, soprattutto in Brasile.

Nel 1967 la svolta. Sulla rivista Sergente Kirk viene pubblicata una storia dal titolo “Una Ballata del Mare Salato”: una storia assai lunga per gli standard dell’epoca (165 tavole), ambientata nei mari del Sud pochi mesi prima dello scoppio della prima guerra mondiale. Uno dei personaggi, un marinaio con l’orecchino, si chiama Corto Maltese. Non è il protagonista ma lo diventa qualche anno dopo in Francia: la pubblicazione dal 1970 sul settimanale  Pif di ventuno storie brevi, veri e propri racconti disegnati, con Corto nelle vesti del protagonista, è il trampolino di lancio per Pratt, che alla fine degli anni settanta è ormai il più famoso autore di fumetti del mondo.

Nella Ballata del Mare Salato c’è già tutto il mondo e i temi preferiti di Pratt: la forza della natura (l’io narrante è lo stesso Oceano), l’amore, l’amicizia, i soldi e l’onore (vere molle dell’agire umano). C’è Pandora, una “ragazzina bella e simpatica che sta diventando grande” di cui tutti s’innamorano. C’è il suo giovane cugino Cain, che in questa avventura diventerà uomo. C’è il monaco, un pirata misterioso dal volto sempre coperto da un cappuccio, che dovrebbe avere ben più di cento anni. C’è il tenente Slutter, che dalle nebbie di Lubecca è venuto al sole accecante dei mari del Sud a vivere le contraddizioni tra dovere e onore (e a morirne). Compare anche colui che diventerà il deuteragonista preferito di Corto Maltese, quel brigante Rasputin privo di qualsiasi morale (e forse per questo fondamentalmente simpatico).

Le storie sono molte e vengono  intrecciate con la maestria di un grande  romanziere. “Se non ci fosse che un solo tema non sarebbe una ‘ballata’ – spiegò lo stesso Pratt –. Una ballata si compone di più cose. Ognuno dei personaggi ha, dietro di sé, una sua propria storia. E tutti si trovano a vivere una situazione che li domina, la Prima guerra mondiale. È la guerra che li costringe a incontrarsi. Tutti questi personaggi hanno una loro storia, io li metto assieme e vedo che cosa succede”.

E forse non è un caso che pochi mesi prima della sua morte sia arrivato in libreria un romanzo di Pratt dallo stesso titolo: la stessa storia raccontata solo con la scrittura, una nuova sfida e insieme quasi un ritorno là dove tutto era cominciato, per congedarsi dal pubblico e dal mondo. (Ed è difficile non pensare alla coincidenza con l’addio di un altro grande, Glenn Gould, che poco prima di morire tornò a registrare, dopo quasi trent’anni, quelle Variazioni Goldberg che l’avevano reso famoso).

I racconti di Pif sono state riuniti poi in varie raccolte: tra queste i più belli, a parere di chi scrive, sono compresi nelle “Etiopiche” e nelle “Celtiche”. Ma anche quelli della “Suite caribeana” e del “Mare d’oro” sono tutti da leggere. Pratt mischia la storia, ricordi personali, mitologia. Corto Maltese viaggia dai deserti della Dancalia alle pietre megalitiche di Stonehenge, dalle isole dei Caraibi fino alle scogliere d’Irlanda. Cerca di restare al margine degli avvenimenti ma poi si fa sempre coinvolgere. E lo stesso gli succede con le donne: i suoi amori sono  impossibili. “Perché le donne che mi interessano sono sempre dall’altra parte?” si chiede Corto in “Sogno di un mattino di mezzo inverno”. E se non sono dall’altra parte c’è sempre qualche altra ragione che impedisce al nostro marinaio di mettere radici.

Da allora Corto tornerà in varie avventure (tutte da non perdere): “Corte sconta detta arcana” (1977), “Favola di Venezia” (1979), “La giovinezza di Corto Maltese” (1985), “La casa dorata di Samarcanda” (1987), “Tango…y  todo a media luz” (1988), “Elvetiche-Rosa alchemica” (1989), “Mu” (1992). In ogni album la storia vera e propria è preceduta da acquarelli e disegni preparatori, materiali fotografici, costumi d’epoca: un piccolo riflesso della cura quasi maniacale che Pratt metteva nel suo lavoro (per scrivere la sceneggiatura di “E tutto ricominciò con un’estate indiana” per Milo Manara, Pratt lesse  libri su libri, andando apposta negli Usa per consultare biblioteche e dizionari) e della sua vasta cultura (la sua ultima casa in Svizzera la comprò soprattutto per dare ricovero ai suoi 30 mila libri).

Accanto a Corto Maltese merita di essere ricordata la serie degli Scorpioni del deserto, iniziata negli anni 70 per il mensile belga Tintin. Di questa serie, ripubblicata da poco in due volumi, sono usciti negli ultimi mesi “Brise de mer», il  terzo volume, e una serie di racconti paralleli pubblicati sotto il titolo “Koinsky: due o tre cose che so di loro”. Le avventure del capitano polacco Koinsky e dei suoi compagni si svolgono nell’Africa della Seconda guerra mondiale, dai deserti egiziani all’Abissinia controllata dagli italiani. Con eroi e mascalzoni egualmente divisi tra amici e nemici. C’è chi si perde per denaro, chi per amore, chi dietro un sogno. “Attraverso i soldati perduti – spiegò Pratt – ho sempre cercato gli uomini perduti”. Non vedremo l’episodio conclusivo degli Scorpioni, quello in cui Koinsky incontra finalmente la donna a lungo cercata in Italia. Pratt ne ha parlato ma non ha fatto in tempo a scriverlo. La morte, tante volte protagonista delle sue storie, non ha avuto riguardi per il maestro del fumetto.

Quella morte di cui Pratt parlò con l’intervistatore che ricordavamo all’inizio (Dominic Petitfaux, autore di “All’ombra di Corto”, una specie di Bibbia per i prattofili). “Ma non so che cosa sia la morte: può darsi che in questo momento io stia sognando e che la morte sia di fatto un risveglio, abbandonerò questo sogno in cui io sono Hugo Pratt e mi ritroverò impiegato al catasto di Linz”. Chissà. Se passate da Linz, andate a controllare. Certo non è facile immaginarsi un uomo come Hugo Pratt nelle vesti d’impiegato del catasto…

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