

«L’altro giorno parlavo con qualcuno di Woodstock (…): un ingorgo stradale pauroso, code lunghe cinque miglia, niente cibo, niente acqua, niente dormire, niente ripari. Pioggia torrenziale, fango dappertutto. Grande vero? Che festa! “Chi hai visto l’altra sera? L’ho dimenticato, ero fatto”.
I Creedence seguirono, grande privilegio, i Grateful Dead sul palco, circa alle 2,30 del mattino del secondo giorno. I Creedence erano il complesso più acclamato della terra in quel momento, ed eravamo veramente pronti a dare l’anima, e aspettavamo, aspettavamo, aspettavamo, e finalmente fu il nostro turno. La mia reazione fu: “Beh ci tocca di seguire la band che ha addormentato mezzo milione di persone”.
Abbiamo fatto tre pezzi sul palco dandoci dentro con tutte le nostre forze, poi do un’occhiata in giro e vedo circa cinque file di corpi intrecciati. Tutti addormentati. Fatti e addormentati. Mi guardo in giro per quel che posso alla luce dei riflettori e dico: “Beh noi siamo qui e ci stiamo divertendo, spero lo stesso di voi”. In effetti cercavo di capire se c’era qualcuno sveglio. Perché c’era mezzo milione di persone addormentate, partite, non importa cosa facevo, erano andate. Sembrava una scena dantesca, corpi degli inferi, intrecciati, addormentati e coperti di fango. E all’improvviso, non lo dimenticherò finché campo, a un quarto di miglio dal palco, nel buio, qualcuno fa dei segnali con la pila e nella notte sento: “Non farci caso John, noi siamo con te”. Ho suonato il resto dello show per quel ragazzo”.
John Fogerty