




Così quest’anno abbiamo (pluralis maiestatis, manco fossi LIlibet…) abbandonato l’idea dell’orto in terra piena e in pieno sole, che l’anno scorso tanta fatica e pochi risultati aveva portato, optando per più modesti orticcioli in casse all’uopo allestite in zone un po’ ombrose e rialzate da gradoni che andrebbero invero consolidati. Tanto terriccio buono e, sotto ogni piantina, un po’ di cornunghia, fertilizzante naturale a lento rilascio d’azoto, così mi ha consigliato l’amico Max che di queste cose capisce e ha degli orti (ne ha due, quello basso e quello alto) che nemmeno se vivessi tre volte io ci riuscirei.
Ma insomma. Quattro piante di zucchine romanesche, diciotto insalate, dodici biete, dieci pomodori, quattro peperoni e otto melanzane, più un peperoncino hot che è quello che sembra soffrire di più (e ti credo, soffrirei anch’io se mi mettessero dentro due pneumatici – ma prima o poi rimedierò…). Annaffiati e curati sembrano contenti di crescere. e anche la mia schiena non si lamenta troppo. Vedremo più in là. Per adesso mi diverto, spero più in là di godere dei frutti del mio lavoro.