Per uno come me che con le parole ci ha campato una vita – parole da giornale, è vero, parole scritte e riscritte, è vero, ma sempre parole – è una sensazione strana quella di trovarsi senza parole. Ed è quello che mi succede quando, come stasera, mi trovo davanti a spettacoli imprevisti – ed effimeri, ma questo, pure se lo sai, sul momento non ci fai caso – come la luce struggente di un tramonto dopo una giornata piena d’acqua che di più davvero non si può.
Non un tramonto classico con il sole che scende sulla linea dell’orizzonte, ma quei tramonti al contrario che viviamo qui nella valle, quando la luce cambia, tutto trascolora e volge al desio e ai naviganti – e anche a chi poggia saldamente (?) i piedi per terra – stranisce il core. Sì, perché non sapere dirla, questa sensazione, mi lascia un di più d’insoddisfazione, come se oltre a non sapere dirli non riuscissi nemmeno a goderli pienamente, questi momenti di grazia.
Epperò già viverli è qualcosa. Questo luglio saranno diciassette anni che stiamo qui. Una scelta allora forse un po’ azzardata, quella di mollare Roma e venire a vivere qui in Sabina. Una scelta geniale, però. Una scelta che rifarei.





