Ho parlato più volte su questo blog di mio nonno Lino, all’anagrafe Angelo Urbinati, il padre di mia madre, il nonno che non ho mai conosciuto, ucciso nel maggio del 1945 a Milano da un gruppo partigiano della Brigata Garibaldi, dopo un processo farsa. In quel post scrivevo tra l’altro di mio nonno come di “un guascone, un romagnolo senza mezze misure (nella prima guerra mondiale aveva avuto tre medaglie al valore)”.

Nonna Angela e nonno Lino in una foto degli anni Venti
Ricordo ancora, nella stanza degli armadi di mia nonna, le motivazioni delle tre medaglie ricevute durante la prima guerra mondiale – una d’argento e due di bronzo –, incorniciate e attaccate al muro. L’altro giorno mi è venuta la curiosità di cercare sulla rete la traccia di quelle medaglie e l’ho trovata solo di due, una d’argento e l’altra di bronzo, sul sito dell’Istituto del Nastro Azzurro. Probabilmente il mio ricordo era impreciso. E comunque due medaglie, una d’argento e una di bronzo, non sono certo poche. Eccone le motivazioni
Quella d’argento, la prima, Angelo Urbinati , da Piacenza, tenente reggimento artiglieria campagna, la ebbe perché «Quale sotto comandante di una batteria era continuo e mirabile esempio di coraggio ai suoi artiglieri. Travolto dallo scoppio di una granata, continuava ad adempiere brillantemente il suo dovere, esponendosi continuamente per assicurare il buon funzionamento del reparto. Gorizia 12-17 maggio 1917».
Un mese dopo era la volta della medaglia di bronzo: «Con sereno disprezzo del pericolo, sotto il tiro dell’artiglieria nemica, riusciva ad estinguere un incendio sviluppatosi nella cannoniera e in una riservetta di munizioni, impedendo così che il fuoco, propagandosi, producesse altri danni. Gorizia, 15 giugno 1917».
Doveva compiere ancora 23 anni, nonno Lino. Un giovane eroe, come tanti in quei giorni e in quegli anni.