Ieri sera tornavo da una pizza a Roma per i 12 anni di Federico, il mio pronipote. Ore 11 e 30 quasi, velocità di crociera tranquilla, cinquanta-sessanta all’ora, affronto la salita che da Colonnetta porta ai Granari. Mi supera un suvvone nero al doppio della velocità. Faccio la curva a sinistra. Poi quella a destra. Prima della curva successiva vedo sul bordo della strada una cosina rossiccia e tremante: un cucciolo di volpe, solo, quasi sperso, ancora barcollante per lo spostamento d’aria. Vedo, anzi, immagino, un’espressione di terrore nei suoi occhi.Mi sposto sulla carreggiata di sinistra, rallento a trenta all’ora e, con il magone e sempre a trenta all’ora, immaginando chissà quale triste futuro per la bestiola, arrivo a casa. (Andando a Roma la mattina dopo, nessuna traccia della volpetta: gliela deve aver fatta…)
Prima di andare a Roma, la mattina dopo, comunque, vado a camminare. Alle sette e mezza è molto meglio che alle dieci (ma alle sei deve essere ancora meglio…). Quasi alla fine del mio solito giro, sono ormai le nove e ancora non hanno iniziato a sparare dal maledetto poligono di tiro, all’altezza della Centrale elettrica Farfa 1 vedo qualcosa che si muove vicino al ponte della chiusa. Incredulo, guardo meglio. È proprio un cerbiatto. Viene dal boschetto lì accanto, un’area in parte recintata, dove non va mai nessuno (e dove anni fa trovarono dei bidoni colmi di rifiuti tossici). Sfodero l’iPhastest e incredibilmente non mi si intrecciano le dita, faccio due-tre foto, metto in modalità video, giro mentre lui mi guarda (qui ho postato il video) e poi decide di tornare nel bosco, saltando con suprema eleganza la recinzione.
Non mi era mai successo in sedici anni che sono qui di vedere un cerbiatto. Penso che è una strana coincidenza questa apparizione neanche dieci ore dopo quella della volpetta sul ciglio della strada (il corruttore automatico continua a scrivere “polpetta”, è davvero un bastardo). Ma se non è una coincidenza non saprei quale possa essere il significato che lega insieme le due cose, se non la vita che va avanti nonostante tutto, nonostante i suvvoni “sparati” nella notte e gli spari che tormentano la nostra valle, la vita che prima o poi farà a meno di me, ma che finché c’è – e ci sono anch’io – me la voglio godere tutta, evitando i suv nella notte e provando a saltare, con la leggerezza di cui sono capace (non tanta, purtroppo), le recinzioni che spesso sono proprio io a pormi di fronte…