L’arte di vivere

3C7856A4-B8CB-46CB-B574-D310E2B27FD7Sto leggendo – lentamente, la febbre non aiuta – un libro bellissimo. Avvincente come un romanzo anche se un romanzo non è. Si tratta di “Montaigne. L’arte di vivere”, di Sarah Bakewell. Una biografia di Michel Eyquem de Montaigne, il filosofo e scrittore francese del 500. Una bella, bellissima biografia – lo so, mi ripeto, ma la febbre mi sia da scusante – dalla quale esce a tutto tondo la figura di un uomo straordinario, di uno scrittore davvero grande, di un uomo in anticipo di secoli.

Il mio interesse per l’autore degli Essais era nato per caso: con una di quelle offerte sul Kindle grazie alla quale ho scaricato i Saggi e, dopo qualche mese, per curiosità più che altro, ho cominciato a leggerli. Non sono stati – e non sono facili – da leggere, infarciti come sono di citazioni su citazioni in  latino.  Ma ogni tanto – ogni spesso – ecco un lampo autobiografico, un arte del dubbio che ne fanno se non un fratello un amico. Così, pur continuando a leggerlo, ho pensato che non mi avrebbe fatto male un inquadramento generale. E ho avuto la fortuna di inciampare – non ricordo come – nel libro della Bakewell. Che mescola sapientemente vita e pensiero, vita e scritti. Da cui si evince che con l’attenzione al sé e al momento presente “Micheau” (così lo chiamava il padre Pierre) sia stato – tra le tante cose di cui fu precursore in letteratura: prima di lui, chi aveva mai scritto tanto e solo di sé? – il primo praticante (in Occidente) di quella scuola della consapevolezza che qui da noi chiamano mindfulness. “Quando passeggio da solo in un bel verziere, se i miei pensieri si sono occupati di circostanze estranee per un certo tempo, per un altro po’ di tempo li riconduco alla passeggiata, al verziere, alla dolcezza di quella solitudine e a me stesso” [III, 13, p. 1485]. E ancora: “Quando ballo, ballo; quando dormo, dormo” [III, 13, p. 1485].
Ora cari lettori vi lascio. Stranamente mi sento meglio: non so se sia l’effetto di Montaigne o dell’Ibuprofene (propenderei per il secondo). Adesso mi aspetta l’antibiotico. Non prima però che vi racconti come questo libro, nel darmi così tanto, una piccola cosa me l’ha tolta. Ero convinto che lo Chateau d’Yquem, a Sauternes, dove si fa quel costosissimo nettare ambrato, fosse stata la residenza di Montaigne. Ebbene no, egli produceva vino ma allo Chateau de Montaigne. Quegli Yquem erano un altro ramo della famiglia.

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