
Don Winslow
Anche l’influenza (specie quando non è devastante come pure a volte è, per fortuna questo non è il caso, forse perché mi ero vaccinato) può avere i suoi aspetti positivi. Tra cui quello della grande quantità di tempo libero per leggere. Non che io di solito sia oberato di cose da fare, no. Ma il malessere che s’è impossessato di me da qualche giorno fornisce al mio lato “cercatore di scuse” una quantità industriale di materiale utilizzabile aggratis. E così, a letto, in questi giorni ho divorato due romanzi di Don Winslow che stavano lì, nella Billy dietro la porta, in attesa della mia mano che li prendesse. Morte e vita di Bobby Z. e Le belve me li sono bevuti con mucho gusto, ritrovando lo stile pirotecnico dell’autore e la sua incredibile capacità di raccontare e coinvolgere il lettore. Capacità che negli ultimi anni ha messo al servizio dell’ambizione di raccontare, nella trilogia del narcotraffico (Il potere del cane, Il cartello, Il confine) una vera e propria controstoria del rapporto Usa- Mexico sul fronte della lotta (?) alla droga, un salto di qualità dal punto di vista dell’impegno e anche della scrittura.
Gli stessi temi e gli stessi posti sono al centro dei due romanzi che
hanno riempito queste mie giornate di malattia. Uno è del 1997 e l’altro è di tredici anni dopo, del 2010. Ma sono entrambi esagerati, stracolmi di colpi di scena e terribilmente “catchy”, anche per la brillantissima traduzione di Alfredo Colitto.
Adesso, di non letto, di Winslow, mi resta nella Billy – se ricordo bene – solo I re del mondo, il prequel (il sequel non aveva un gran senso…) de Le belve.
Farò una piccola pausa, magari leggendo nel frattempo qualcosa di “serio”. Ma non credo che resisterò molto…