Uno degli scopi di un blog è accumulare ricordi per quando la memoria sarà un po’ meno vispa. Da quando ho iniziato a oggi la memoria è già molto meno vispa e ogni tanto “mi falla”; anche se ogni spesso lancia dei dardi improvvisi che si conficcano da qualche parte vicino al cuore. La storia di Marco, cugino/fratello di Bologna, che torna dalla Polinesia, dall’atollo rotondo anche nel nome, non la dimenticherò nemmeno quando l’Alzheimer avrà lanciato il suo attacco finale. Magari mi confonderò ancora di più sugli anni, ma la visione di lui e di Monica a Fiumicino è di quelle indelebili…
Ci sono luoghi che già nel nome ti ispirano l’alterità, la fuga, il viaggio, magari senza ritorno.
Per me Rangiroa, l’atollo polinesiano a un’ora d’aereo da Tahiti, uno dei più grandi del mondo, quello che al suo interno ha la laguna blu, è uno di questi. Un luogo, insomma, che già dal nome (che pare voglia dire “il lungo cielo”) ispira “lusso, calma e voluttà”, come scriveva il poeta…
Di Rangiroa non ho esperienze diretta (ancora). Tanti anni anni fa neppure sapevo che esistesse e se mi aveste chiesto il nome di un’isola che finiva per “roa” avrei risposto Mururoa, ma solo perché sapevo che c’erano stati dei test nucleari e perché ne usavo il nome per spiegare la doppia cicatrice che avevo all’anca destra per i postumi dell’operazione fatta da piccolo (la mia frase tipica quando qualcuno mi chiedeva che cosa avessi avuto era: “uno squalo al largo di…
View original post 263 altre parole