Avrei sempre voluto saper dipingere (come avrei voluto saper fare altre cose, tipo suonare il piano. E, se è solo per questo, avrei sempre voluto avere i capelli lunghi e biondi, o magari solo avere i capelli…). Deve essere per questa antica passione che un giorno mi è venuta in mente questa storia, alla quale, se non ricordo male, qualcuno ha creduto, nonostante l’avvertenza scritta a belle lettere nel post scriptum.
È proprio vero: le parole ingannano. Ed è anche vero che nessuno legge un post fino in fondo. Come diceva quel personaggio de Il grande freddo, un articolo non deve essere più lungo di una cagata media. E dal 1985 a oggi la lunghezza media delle cagate si deve essere assai accorciata…
Se non la conoscete o non la ricordate, leggetela questa storia, cliccate sul mio nome qui sotto. In fondo non era male…
Ieri, a commento di un post, di cui come sempre metto l’avviso su Facebook, il mio amico Paolo Andruccioli, sempre su FB, diceva che ero pronto per la pittura. Lui non lo sa, ma ha detto una grande verità e insieme una cosa inesatta. Io ero pronto tanto tempo fa e, per tanto tempo, ho custodito nel mio studio questo (non so come chiamarlo se non) quadro al quale ho lavorato per molti e molti anni e che ho intitolato: Nel prato batte un cuore.
E.G., Nel prato batte un cuore, 2005-2012
Tutto nasce dall’impressione immensa che fece su di me un’opera di Jackson Pollock al Centre Pompidou di Parigi, trenta e passa anni fa. Il quadro s’intitola The deep ed è davvero emozionante. Non avevo mai amato Pollock sui libri o leggendone. Non è pittore da riproduzioni fotografiche. Va visto e sentito sul posto…
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