Mi è arrivato da qualche giorno White light, un album del 1971 di Gene Clark. Per i non patiti del rock anni sessanta e settanta fu il fondatore e la voce dei primissimi Byrds, quelli che con Roger McGuinn (che allora si faceva chiamare Jim) e David Crosby, interpretando grandi pezzi di Bob Dylan e con il tipico suono della Rickenbaker dodici corde elettrica, costituirono per qualche tempo l’alternativa Usa ai Beatles.
Clark lasciò i Byrds nel 1966 per dissidi con McGuinn, Crosby fece lo stesso nel 1967. Negli anni a venire, Clark fece e disfece vari gruppi, oltre agli episodi da solista, mentre Crosby imboccò la svolta della vita con Stills e Nash e poi con Neil Young, e fece anche lui un album solista, anche questo nel 1971, il leggendario If I could only remember my name.
In questi giorni ho ascoltato entrambi gli album. Bello, delicato e intenso quello di Clark, con alcune ballad magistrali, prima fra tutte For a spanish guitar. Registrato in pochi giorni con Jesse Ed Davis come co-chitarrista e produttore è un album che profuma di fine anni sessanta come pochi, aiutato in questo anche dalla voce di Gene e dagli arrangiamenti puliti, tra il folk e il country. Poi metti sul piatto (nel lettore del cd) l’album di Crosby e precipiti in un altro mondo. Nato in alcuni mesi di incisioni spesso improvvisate da parte dello stesso Crosby e di tutti gli amici che gli gravitavano intorno, da Nash e Young a Joni Mitchell, da
Lesh, Kaukonen e Garcia dei Grateful Dead a quasi tutti i Jefferson Airplane, e tanti altri ancora, If I could only remember my name è un capolavoro senza tempo, di cui non ha senso enucleare un pezzo solo, vista l’enorme qualità del tutto. Sì, lo senti, lo sai che è nato in quell’anno. Ma potrebbe essere stato inciso dieci o vent’anni dopo ed essere sempre attualissimo.
Un album bello e rappresentativo del suo tempo. Un capolavoro che quel tempo trascende. La differenza non è da poco.