Mio Dio, quante volte ho ascoltato The dangling conversation senza minimamente capire il senso delle parole… Ma allora era così con le canzoni in inglese. Era tanto afferrare il senso di qualche parola sparsa, figuriamoci beccarle tutte e magari addirittura comprendere anche le frasi idiomatiche o il contesto nel quale nascevano. Ma la musica, quella musica, bastava. E a volte avanzava…
Questo raccontino l’ho scritto ben sette anni fa su input del mio amico Sergio. A lui l’ho dedicato e lo dedico anche oggi.
Questa è la storia di un ragazzino di 13 anni. Doveva essere la fine del 1966 o l’inizio del 1967. Lui aveva ottenuto la libertà e la libertà aveva l’aspetto di una cameretta lunga due metri e mezzo, larga meno di due. Era stata la stanza della donna di servizio, ma, ora che la scelta dei suoi era stata per una domestica a ore, non aveva dovuto insistere molto per farsela dare e lasciare la coabitazione con il fratello maggiore. I suoi gliel’avevano arredata con un mobile con il letto a scomparsa e annessa libreria, dove avevano trovato posto i suoi dischi e il giradischi, un Philips mono con il cambiadischi e la possibilità di ripetere all’infinito la stessa musica, lo stesso album o anche lo stesso 45 giri.
La libertà voleva dire anche, quando era ora di andare a letto, poter leggere fino a quando il suo corpo…
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