Oggi, durante la passeggiata mattutina, mi sono scoperto a chiamare Chicca “Cipolletta”. Nome che le sta benissimo, a mio avviso, anche senza una ragione precisa. Ma che è lontano dal suo nome vero, quello con cui è stata chiamata quasi sedici anni fa da mia sorella e che noi le abbiamo mantenuto (io ho solo trasformato le tre K dell’anagrafe canina in tre C).
Riflettendoci mentre tornavamo a casa ho ricostruito il percorso “evolutivo” (?) con il quale da Chicca sono arrivato a Cipolletta. Ed è questo: Chicca –> Picca (con le varianti Piccola e Piccoletta, con chiaro riferimento alle sue dimensioni) –> Piccia –> Cippa (invertendo di posizione le consonanti) –> Cippetta –> Cìppola –> Cippolina (con la variante di senso più comune Cipollina) –> Cippoletta –> Cipolletta.
Non a caso tanti anni fa ho studiato filologia romanza, seguendo le meravigliose lezioni di Aurelio Roncaglia. E in questo caso ero avvantaggiato dall’essere, io, sia l’indagatore che il testimone dell’evoluzione (?) linguistica.
Fino a che la memoria tiene…
Un percorso molto interessante che mi ha ricordato i termini inventati, o costruiti, da mio padre per chiamare me e Roberta (sicuramente includeva anche mamma ovvero la sua famiglia) : Bumbicchi, Chiucchicchi, Pilipi. Forse Roberta ricorda meglio come era arrivato a creare questi appellativi. Quando papà tornava a casa dal lavoro, arrivava con l’ascensore al 5 piano e, nel salire l’ultima rampa fino a casa nostra, li recitava ad alta voce e noi aprivamo la porta senza aspettare che suonasse il campanello.
Filologia neccina
e sì, Roberta potrebbe scrivere tanto sul lessico famigliare neccino
Famigliare o familiare?
Van bene entrambi