La logica del tappeto

Camminare fa molto bene. Se assumi la postura giusta e magari ti aiuti con i bastoncini, metti in moto praticamente tutti i muscoli ed è un toccasana per vivere a lungo e bene (qui ovviamente tocco ferro, ripetutamente e con convinzione…). E che dire degli odori e dei profumi che, se cammini in campagna (diverso è camminare nel centro di Roma o sulla via Tuscolana), ti allietano la mattina (o pomeriggio che sia) con belle sorprese, come avviene di questi tempi con quelle improvvise zaffate di finocchietto selvatico che ti avvolgono e ti fanno sentire bene, quasi come una patata lessa…

Certo, è bene avere i bastoncini perché ogni tanto, se passi vicino a un gregge, i cani da pastore, che fanno solo il loro lavoro, lo so, ogni tanto interpretano il loro lavoro come ringhiarti da lontano, poi da vicino, poi magari ti vengono contro: anche se tu visibilmente ignori il loro gregge, ogni tanto loro non sono capaci di ignorare te. E allora bisogna mantenere il sangue freddo e, se si avvicinano troppo, minacciarli con i bastoncini e magari alzare la voce. Per fortuna non succede quasi mai…

Questo può essere considerato un aspetto negativo, ma, almeno da queste parti, l‘aspetto più negativo del camminare a piedi è che vedi da vicino quanti stronzi ci siano su queste terre. E non mi riferisco agli escrementi veri e propri, che dopo un po’ seguono il destino di tutto quanto gira sulla terra e si sfanno nel nulla, quanto alle persone che non resistono alla tentazione di lasciare rifiuti in strada, o meglio oltre la strada, specie se oltre c’è un bosco, meglio se in pendio, meglio ancora se molto ripido.

L’altro giorno, uscendo dalla Riserva naturale Tevere-Farfa dall’uscita che porta a via di Valle Carbona, dieci metri dopo il segnale che, per chi fosse venuto di fronte a me, avrebbe segnalato l’inizio della  riserva e il divieto di  entrare con veicoli a motore, beh, proprio lì, sotto una scarpatina, c’era una bella piccola discarica.

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La discarica al confine della Riserva

Io mi sono sempre domandato perché, se proprio si devono lasciare rifiuti per strada, non li si lasci sul bordo, che magari prima o poi gli addetti ai lavori, su segnalazione di qualche volonteroso, li raccolgono e li portano via. No, bisogna buttarli via, lontano, in modo che non si vedano (ma si vedono, cazzo se si vedono). Deve essere la logica del nascondere la polvere sotto il tappeto: se non si vede, lo sporco, non c’è. E invece così non solo c’è, lo sporco, ma ci resta in aeterno.  Come sulla strada che da quella di Farfa (l’abbazia) porta alla centrale elettrica, che faccio spesso, ogni volta con lo stesso magone. Lì il lato in discesa è una discarica continua, nel bosco, vicino, lontano, e quando la costa boscosa si fa ripida e precipita verso il Farfa (fiume), beh, lì è il posto più pieno, di tutto, di più, di sacchi neri, di cessi, di lavatrici, di mobili , di qualunque cosa vi venga in mente. E chi si metterà mai a raccoglierla con un pendio a 45 gradi?

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Sulla strada della centrale Farfa 1

Non c’è niente da fare. Siamo troppo stupidi. Noi umani siamo una razza condannata. Se un giorno, tra qualche secolo ma forse anche prima, un extraterrestre sbarcherà dalla sua nave intergalattica sulla terra ormai disabitata, in Sabina, magari, ma credo anche da molte altre parti, e vedrá, ai bordi delle strade, quintali di rifiuti immarcescibili, concluderà che il genere umano si è estinto per la sua stronzaggine. Chissà se esiste questa parola nella lingua intergalattica…

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