Dopo una lunga giornata in giro per la Guascogna, Daniela e io (questa volta, evviva, non ero solo) siamo rientrati in albergo. Siamo i soli ospiti, adesso, e siamo anche soli nell’edificio: il proprietario, monsieur B., si è dovuto ricoverare l’altro giorno per un’operazione piuttosto seria; la mattina viene una gentile signora a preparare la colazione e rifare la camera. Poi ci siamo solo noi (ieri c’ero solo io).
In verità qualcun altro c’è: una simpatica e affettuosa gatta bianca (per dare da mangiare alla quale viene comunque qualcuno ogni giorno) che ha due caratteristiche abbastanza peculiari. La prima è che ha tre zampe, le manca una di quelle anteriori: cammina un po’ ondeggiando, ma quando le serve è velocissima, da vero felino, anzi, da vera felina. L’altra peculiarità è il nome. Quando gli chiesi qualche anno fa come si chiamasse la gatta, B. mi rispose: “le chat”. “Come?” feci io di rimando, “ma se è femmina…”. “M’è venuto di chiamarla così” chiuse il discorso, lapidario, lui. “E così si chiama”.
P.S. Caro signor B., lei probabilmente (anzi, sicuramente) non leggerà mai questo post. Ma io le faccio lo stesso tanti tanti auguri di pronta guarigione. Quando torno, la voglio vedere in ottima forma…