«Non c’è niente che non puoi fare se hai il libro giusto» diceva sempre il papà di Daniel Mendelsohn allo scrittore (e ai suoi quattro fratelli). E l’ultimo libro di Mendelsohn (Un’Odissea) pubblicato da Einaudi dieci anni dopo Gli scomparsi, sembra decisamente il libro giusto per fare un viaggio, assieme allo scrittore e a suo padre, sulle orme di Ulisse.
Questa non è una recensione per un motivo molto semplice. Sono arrivato appena a pagina 34, delle oltre 300 di cui consta il libro, e dunque non potrei parlarne con cognizione di causa. Ma sono rimasto assolutamente rapito dalle due-tre pagine in cui Mendelsohn analizza le tre parole con cui in inglese si definisce “l’atto di muoversi da un punto all’altro attraverso lo spazio geografico” (cioè il viaggio). L’acribia filologica unita a una qualità di scrittura cristallina e a una profonda empatia sono commoventi e aprono spazi mentali che sono anch’essi viaggi.
Sono molto emozionato all’idea di quello che mi aspetta nelle prossime pagine e volevo condividere questa emozione. Tutto qui.