Il diario di prigionia di papà. Parte quarta

Hammerstein, in Pomerania, a sud di Stettino, è stato il campo in cui papà ha iniziato il 1944. Su Hammerstein e sugli I.M.I (gli Internati militari italiani, cui il Reich non riconobbe lo status di “prigionieri di guerra”) c’è una discreta bibliografia in rete, del campo c’è qualche disegno fatto da ex internati, e c’è anche una “Guida”, disegnata da Franco Quattrocchi, una specie di storia a fumetti di quell’anno.

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La vita è dura. I pacchi che arrivano da casa sono una mano santa: pochi ce l’avrebbero fatta a sopravvivere senza di essi e il loro contenuto. A volte (come il 23 febbraio) arrivano manomessi. Ma arrivano: da casa (in realtà da Monguelfo, dove i nonni si erano trasferiti dopo il bombardamento di Roma del 19 luglio 1943) e da Ravenna, dove viveva mia madre con la famiglia. Il 9 marzo giovedì papà scrive: «Ricevo pacco di Lisa spedito il 14.1 con crostata, biscotti e pasta». Lo stesso giorno riceve anche una lettera dalla madre.

All’inizio del mese di marzo, il 6 lunedì, papà firma la domanda di lavoro. Ma di lavoro scrive solo il mese dopo. Il 10 marzo scrive«Da giorni non fumo: esco pazzo». E poi, sibillino: «Riflessioni sulla gratitudine e sulla riconoscenza».

Ad aprile, trasferimento vicino al mare del Nord. Il 5 mercoledì, scrive “Si parte per Kamp. Primi sintomi della maggiore libertà». Dal 6 all’11: «Si lava la roba. Pomeriggio lungo il mare fino a Deep. Messa di Pasqua. Facciamo quasi fuori i pacchi». Il 12 mercoledì: «Al lavoro. Non ci si ammazza. Si va per patate». Maggio e giugno portano delle notazioni cumulative: «Uniformità. Nostalgia. Cominciano ad arrivare in massa i pacchi», questi gli appunti di maggio. E giugno, con le notizie della Normandia e della liberazione della sua città: «Sbarco. Roma. Lavori diversi: trasporto travi, pulitura valvole termosifoni, una mattina scarico carbone, il 20 torniamo in ufficio. Pacchi da Ravenna si arrestano». A luglio arrivano ancora pacchi da casa. Il tempo è sempre cattivo, meno pochi giorni. Papà «lavora nell’orto, raccoglie cicoria per i conigli del capo e aiuta il magazziniere». Il 20, sibillino scrive «Il diavolo ci ha messo la coda». Il 23: «Lisa compie 21 anni. Vado in chiesa». A ottobre, dopo due mesi di silenzio, qualche appunto. «Pezzi radio americana (il 10). Passeggiata notturna a Robe nel fango per comprare patate (l’11). A Robe per comperare patate e pane. Comunione (il 22). A Stargard a ritirare gallette e formaggini (il 24)». L’ultima nota dell’anno è a novembre: Dice: «Arrivano 4 pacchi: 2 Monguelfo (20° e 21°), 1 Tina, 1 Croce Rossa danese. Lettera Lo Cascio: il bagaglio è sano».

Il primo appunto del 1945 è a marzo. «Si scappa coi russi, inglesi, amer., e francesi». Poi una serie di nomi di paesini che fatico a trovare sulle Mappe. Così anche una piccola nota di aprile. L’ultima è dell’ottobre 1945. Anche qui alcuni nomi di paesi tedeschi, abbastanza introvabili. Ma ormai mancava poco al ritorno a casa.

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