Quel sorriso tra le lacrime

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Ho finito l’altro giorno di vedere The Leftovers, Svaniti nel nulla, la serie tv che Damon Lindelof ha tratto con Tom Perrotta dal libro di quest’ultimo. Tre stagioni, ventotto puntate, per raccontare la vita di chi resta dopo che il mondo è stato funestato da un evento inspiegabile e inspiegato: all’improvviso, un 14 ottobre, il 2 per cento della popolazione (140 milioni di persone) scompare dalla faccia della terra. Con modalità assolutamente random, senza nessuna logica, tutti gli abitanti della terra vengono colpiti chi più chi meno da questa perdita: padri, madri, figli – persino feti nel ventre materno – da un momento all’altro non ci sono più. E chi resta – i leftovers, appunto – deve fare i conti con quello che è successo: chi ha solo voglia di dimenticare e chi invece assume come proprio compito quello di ricordare, a sé ma soprattutto agli altri, la realtà agghiacciante di quanto è avvenuto.

Difficile, ma in fondo poi non mi interessa, raccontare più in dettaglio la storia/le storie. Da segnalare la sapienza narrativa di Lindelof e di chi ha lavorato con lui – con tecniche di racconto che a volte ricordano il mitico Lost in cui lo showrunner dei Leftovers si è formato. L’importante, nelle serie come anche nei romanzi, è saper “creare” un mondo nel quale lo spettatore/lettore possa perdersi e poi ritrovarsi, un mondo con una sua logica interna – magari illogica – che tenga assieme il tutto e ti porti al suo interno.

E da segnalare sono anche, ma forse soprattutto, le prove di attore dei protagonisti. Tra cui rifulge Carrie Coon (è suo il sorriso tra le lacrime nei tre fermi-immagine qui sopra) che impersona Nora Durst, la donna che in quel 14 ottobre ha perso marito e figli e che alla fine spiegherà quello che è successo. E un incredibile Christopher 

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Eccleston, nel ruolo del reverendo Matt Jamison, il fratello di Nora Durst. Anche gli altri attori – vedi le prove di Scott Glenn e di Amy Brenneman– sono davvero ok, persino Justin Theroux sembra bravo. Ma non mi dilungo oltre ché non ho né la competenza né la voglia di farlo.

Un’ultima segnalazione per le musiche originali. Sono di Max Richter e, come si diceva in un famoso carosello, «basta la parola…»

 

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