Stanley Kubrick era una persona molto precisa. Chi lavorava per lui “aveva ricevuto in dotazione un kit buono per ogni occasione”, racconta nelle sue memorie il factotum ciociaro di SK, Emilio D’Alessandro (“Stanley Kubrick e me” Emilio D’Alessandro con Filippo Olivieri, il Saggiatore 2014). Dal libro è stato tratto anche un documentario assai bello, in questi giorni in programmazione su Sky, intitolato “S is for Stanley”, di Alex Infascelli.
“Il kit per le automobili – racconta D’Alessandro nel libro – prevedeva una valigetta di primo soccorso, una torcia, un accendino e altre penne sparse nei cruscotti, ma anche tre rotoli di corda da trenta metri da usare nel caso ci fossimo imbattuti per strada in un cane ferito o abbandonato (legare il cane, portarlo da un veterinario, accoglierlo ad Abbots Mead e cercare una persona fidata a cui regalarlo), una museruola da usare se il cane era un po’ agitato, e dei robusti guanti di pelle, utili per lo stesso cane o se avessimo trovato un gatto particolarmente arrabbiato”.